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ALLARME LUPI NEL PARMENSE: LA LOBBY VENATORIA
CONTINUA AD ALIMENTARE LA PAURA PER UN PERICOLO
NON DIMOSTRATO. INVIA ANCHE TU L’APPELLO DI PROTESTA

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30/1/15

Nei giorni scorsi l’OIPA ha invitato i sedici comuni dell’appennino parmense che avevano lanciato l’allarme lupi e fare un passo indietro per non creare un inutile quanto dannoso clima da caccia alle streghe.
Dal momento che negli ultimi giorni si sono susseguiti interventi sui quotidiani locali mirati a fomentare la paura verso un’emergenza lupi che pare di fatto montata ad arte dalla lobby venatoria, abbiamo deciso di creare un appello di protesta per chiedere ai sindaci coinvolti di non contribuire ad alimentare un’immotivata intolleranza che potrebbe facilmente sfociare in avvelenamenti e uccisioni indiscriminate dei lupi.
La situazione va infatti valutata senza ingerenze di parte, ma promuovendo attività finalizzate alla  tutela di una specie di grande valore per la biodiversità.

STAI DALLA PARTE DEI LUPI,
INVIA L'APPELLO DI PROTESTA!


22/1/15
PARMA, SEDICI COMUNI CONTRO I LUPI. L’OIPA “BASTA CLIMA DA CACCIA ALLE STREGHE”

Risale al 3 dicembre scorso la notizia che sedici sindaci della Valtaro Valceno, nello specifico i primi cittadini di Albareto, Bardi, Bedonia, Berceto, Bore, Borgotaro, Compiano, Fornovo, Medesano, Pellegrino Parmense, Solignano, Terenzo, Tornolo, Valmozzola, Varano de Melegari e Varsi, hanno inviato al presidente della Regione Emilia Romagna, al presidente della Provincia di Parma, alla Prefettura di Parma e al Corpo Forestale dello Stato, una lettera per denunciare casi di attacchi di canidi o lupi che hanno provocato l’uccisione di animali domestici e di allevamento, di cani da caccia sbranati, nonché in alcuni casi anche attacchi a persone.

La lettera rappresenta una richiesta affinché si intervenga in merito allo “scorrazzare di branchi di lupi che se ne vanno in giro per campi e fattorie e hanno già provocato diverse vittime tra i cani e gli animali e ogni giorno che passa, spinti dalla fame, si avvicinano sempre più alle case. Inoltre questo fenomeno sta di fatto bloccando le attività turistiche oltre che mettere a dura prova quelle dell'allevamento soprattutto la pastorizia in Valtaro e in Valceno, dove la situazione sta diventando esasperante”.
Non si sono lasciate attendere le manifestazioni di sostegno ai sindaci da parte della lobby dei cacciatori che hanno riferito di episodi di ferimenti di segugi e cani da ferma da parte di lupi durante battute di caccia al cinghiale o alla beccaccia e lamentando l’incremento del numero del predatore nella zona, tanto da causare squilibri con le altre specie. Ha rincarato la dose il Vicepresidente del Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna, Fabrizio Rainieri, che ha persino invocato un piano faunistico venatorio “che possa dare al più presto al nostro territorio quelle risposte che si aspetta da tempo”.

A questo proposito l’OIPA Parma ha ricordato a Rainieri che i lupi sono specie protetta, invitandolo a documentare eventuali attacchi a persone o ad animali di proprietà. E’ stato inoltre chiesto di documentare quanto fatto dai Comuni negli ultimi quindici anni per gestire e prevenire il randagismo, dal momento che, come si è affermato, si è parlato di presenza di ibridi o canidi inselvatichiti. Tutti i presunti drammatici episodi menzionati non sono infatti stati documentati, in particolare per quanto riguarda i casi di attacchi all’uomo, fatto che appare molto strano soprattutto se si pensa che non ci sono casi registrati di attacchi di lupo all'uomo da oltre due secoli.

Il lupo ha una funzione fondamentale per la regolazione della popolazione di animali selvatici, nonostante questo ha sempre avuto vita difficile nel nostro Paese. E’ nella prima metà dell’800 che, con un regio decreto, si afferma nel regno delle Due Sicilie l’usanza di conferire premi per la cattura e l’uccisione dei lupi. I lupari erano generalmente dei contadini che, nei mesi invernali, si dedicavano alla caccia al lupo per ricavare guadagno dai premi e dalle offerte della gente. Una volta ucciso l’animale, il luparo lo portava in paese a dorso di un mulo o di una bici, esponendolo come un trofeo e raccogliendo donazioni di cibo (pane, vino e formaggio) dalla gente meravigliata. Agli inizi del ‘900 nel Parco Nazionale d’Abruzzo i premi vennero aumentati e in soli dieci anni, dal 1923 al 1933, furono uccisi ben 209 lupi con veleni, fucili e trappole. Era addirittura l’Ente Parco ad acquistare tagliole e bocconi avvelenati (fialette di acido cianidrico) che rivendeva “a coloro che intendano dedicarsi a tale distruzione".  Se nel Parco d'Abruzzo lo sterminio cessò nel 1958, nel resto d’Italia proseguì fino ad arrivare all’estinzione quasi totale della specie, come già accaduto in Europa. Dopo la seconda guerra mondiale il numero dei lupi appenninici si era ridotto sempre più, fino a toccare il minimo storico, documentato nel 1972 da due studiosi, Luigi Boitani ed Erik Zimen, incaricati di eseguire la prima indagine italiana sulla situazione del Lupo appenninico.

Il numero attuale, raggiunto grazie al progetto di ripopolamento “San Francesco e il lupo” avviato nel 1970 dal Parco Nazionale d'Abruzzo in collaborazione con il WWF allo scopo di salvaguardare il lupo, diffondendo una corretta informazione sull’etologia di un animale rimasto fino ad allora sconosciuto, è tuttavia giudicato dagli etologi “appena sufficiente”.
Appare chiaro come questa nuova “caccia alle streghe” non faccia altro che alimentare un clima di preoccupazione e tensione senza considerare la realtà dei fatti. Il parmense non ha infatti una concentrazione di lupi maggiore rispetto ad altre zone dell’Appennino, quindi eventuali problematiche legate alla loro presenza possono essere gestite con metodi tecnico-scientifici di prevenzione già ampiamente provati e risultati fruttuosi se correttamente applicati. Il vero nemico di una serena convivenza uomo-lupo è il desiderio dei cacciatori di essere autorizzati a eliminare i lupi per ristabilire una sorta “equilibrio”, che non è altro se non la possibilità di cacciare indisturbati senza alcun concorrente naturale.
Non sarebbe infatti la prima volta in cui, a seguito di campagne mediatiche contro i lupi, viene data notizia di macabri ritrovamenti di lupi avvelenati e mostrati, spesso decapitati, come monito.

Le minacce nei confronti del lupo, dunque, non sono terminate, ed anche in presenza di leggi e programmi a sua tutela, questa specie è tuttora a rischio. La sua storia ha ancora molto da insegnarci. Come sostiene Luigi Boitani (uno dei massimi esperti italiani e membro del Wolf Group dell’UICN) “accade così che per salvare il lupo dobbiamo prendere coscienza che se tra noi e lui c’è un disadattato non è certo il lupo. Esso, infatti, è riuscito benissimo ad adattarsi all’uomo, mentre gli uomini non sono riusciti a fare lo stesso nei suoi confronti. Per salvare questo animale, dobbiamo uccidere la sua immagine, quel lupo immaginario che, lungi dall’essere lo specchio di quello reale, è solo una nostra invenzione”. 
E ancora oggi che è tornato, non possiamo permetterci di abbassare la guardia, il “lupo cattivo” è sempre in agguato.





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