La caccia

Ogni anno muoiono parecchi milioni di animali sotto i fucili dei cacciatori. Alcuni di loro provengono da allevamenti appositi che poi li rilasciano all’inizio della stagione venatoria, ma molti sono animali selvatici.

I cacciatori, unico caso in Italia, sono autorizzati, durante la stagione della caccia, ad entrare nei campi e nelle proprietà private. Fra Stato e cacciatori esiste un rapporto di mutuo scambio: voti in cambio di soldi.

Il bracconaggio è una delle principali cause della diminuzione o dell’estinzione di alcune specie selvatiche. Spesso mira all’abbattimento di esemplari rari come il camoscio d’Abruzzo, l’aquila reale o il muflone sardo, finalizzato al commercio clandestino di trofei o di animali imbalsamati. A questo si aggiungono gli illeciti commessi dal singolo cacciatore che, pur esercitando un’attività consentita, non esita a sparare alla specie selvatica rara e protetta, se gli capita a tiro. Il giro d’affari del bracconaggio è di 5 milioni di Euro all’anno.

Parte del bracconaggio riguarda la cattura di uccelli selvatici protetti (pettirossi, cince, codibugnoli, codirossi e altri piccoli passeriformi) venduti poi illegalmente. I metodi di cattura si avvalgono di reti e di archetti.

Particolarmente crudele l’archetto è costituito da un ramoscello piegato attraverso cui passa un filo in nylon bloccato a una delle estremità da un pezzettino di legno collegato all’esca. Quando l’uccello toglie l’esca sblocca il meccanismo facendo tendere il filo, che lo imprigiona.

Un altro metodo usato comunemente è il vischio, a cui gli uccelli restano incollati. Il 65% degli uccelli non sopravvive allo stress della cattura. Fra i pochi che si salvano, alcuni vengono accecati per essere poi utilizzati come richiamo per catturare altri esemplari della stessa specie.