Dall’11 marzo 2013 è in vigore in tutto il territorio dell’Unione Europea il divieto di sperimentazione sugli animali per i prodotti cosmetici, intendendo sia il prodotto finito sia ogni singolo ingrediente o combinazione d’ingredienti (divieto di sperimentazione), nonché il divieto d’immettere nel mercato europeo prodotti cosmetici finiti e ingredienti o combinazione di essi che siano stati sperimentati su animali in Paesi terzi (divieto di commercializzazione).
Questo divieto è un vero e proprio evento storico, una vittoria di tutti quegli animalisti e di quei cittadini che da decenni si battono contro la tortura di milioni di animali, una tortura che ha avuto il solo scopo di arricchire le tasche d’industriali senza scrupoli.
Ma facciamo un po’ di storia. Il primo strumento legislativo comunitario sui cosmetici risale al 1976 (Direttiva 76/768/CEE) attraverso il quale si cercava di armonizzare le diverse normative nazionali in materia. Tuttavia, tale documento non citava minimamente la questione della sperimentazione sugli animali che fu presa in considerazione soltanto nel 1993 quando la Direttiva 93/35/CEE, il cosiddetto sesto emendamento, introdusse a partire dal 1998 il divieto di vendere prodotti cosmetici, ingredienti e combinazioni di ingredienti testati su animali. Purtroppo, però, nonostante il parere contrario del Parlamento Europeo, la Commissione rinviò tale divieto dapprima al 2000 (Direttiva 97/18/CE) e in seguito al 2002 (Direttiva 2000/41/CE) in quanto “non ancora disponibili metodi alternativi per valutare il rischio sistemico ed i rischi riguardanti le interazioni tra ingredienti”.
Il cosiddetto settimo emendamento, la Direttiva 2003/15/CE, rinviò il divieto assoluto di ulteriori dieci anni, ma permise la conquista di due importanti traguardi.
La prima grande vittoria si ottenne nel 2004 quando entrò in vigore il divieto di testare sugli animali il prodotto cosmetico finito, mentre la seconda arrivò nel 2009 con il divieto riguardante i singoli ingredienti così come la vendita di articoli il cui prodotto finito, i loro ingredienti o combinazioni di essi fossero stati testati su animali al di fuori della Comunità Europea (oggi Unione Europea).
Quello del 2009 fu un importantissimo passo avanti ma allo stesso tempo rappresentò, purtroppo, una vittoria di Pirro in quanto da tale divieto restavano escluse tre categorie di test fortemente invasivi e lunghissimi (a volte per tutta la durata della vita dell’animale) quali la tossicità ripetuta, la tossicità riproduttiva e la tossicocinetica, per le quali il divieto è entrato in vigore solo oggi vale a dire 37 anni dopo la prima Direttiva cosmetici e 20 anni dopo la prima presa di posizione dell’Unione Europea in relazione a questa vergogna.
E’ dunque d’immediata comprensione il calvario che questa semplice richiesta di civiltà ha dovuto affrontare a causa delle fortissime opposizioni delle lobby della vanità e dell’eleganza, veri e propri poli del lusso spogliati del più minimo senso di umanità.
Ma quali sono i test che una nuova sostanza chimica deve superare per essere immessa sul mercato? Innanzitutto, vi sono alcuni test cosiddetti regolatori, cioè obbligatori:

a. tossicità acuta;
b. mutagenesi;
c. tossicità ripetuta;
d. tossicità riproduttiva (o teratogenicità)

Tuttavia, alcuni ingredienti di futuri cosmetici molto penetranti (e dunque metabolizzabili dall’organismo) devono seguire l’iter dei farmaci ed essere sottoposti anche ai cosiddetti test di tossicocinetica.
Le sostanze che superano questa prima schermatura, affronteranno test più specifici:

a. irritazione della pelle;
b. corrosione della pelle;
c. fototossicità;
d. fotoirritazione;
e. assorbimento percutaneo;
f. irritazione dell’occhio.

Infine, è previsto il test del prodotto finito.
Per diversi decenni, pertanto, tutti questi test utili ad immettere sul mercato prodotti simbolo di bellezza ed eleganza hanno significato dolori inimmaginabili per miliardi di esseri senzienti innocenti che hanno sofferto ogni singolo istante della loro vita a causa della nostra inciviltà ed indifferenza.
Finalmente, a partire da oggi, lunedì 11 marzo 2013, la legge impone che nessun altro animale venga sacrificato per la nostra cieca e sorda vanità e questo -è importante ribadirlo- deve essere considerato un grandissimo traguardo. E’ chiaro, inoltre, che tale passo obbligherà anche altri Paesi ad adeguarsi se non vogliono perdere un mercato così importante come quello europeo e questo permetterà certamente di risparmiare ad altri animali innocenti quelle terribili atrocità che sono ormai ben conosciute dai cittadini italiani, europei e di tutto il mondo e che, evidentemente, non erano e non sono più tollerabili tanto più in un settore che ha a che fare esclusivamente con la nostra vanità ed una percezione disumana della bellezza. Inoltre, questo divieto permetterà e causerà un maggiore interesse verso la creazione di numerosi e migliori metodi sostitutivi e la spinta in questa direzione dovrà giocoforza essere anche finanziaria garantendo, dunque, maggiori investimenti in un campo veramente scientifico così come la creazione e la riconversione di molti posti di lavoro.
Non a caso, difatti, l’azienda giapponese Shiseido – tra i leader del settore della cosmesi – si è già parzialmente adeguata alla normativa europea sebbene continuerà ad eseguire quei test sugli animali per i quali non sono presenti metodi sostitutivi e, in generale, per i prodotti esportati in Cina.
Tuttavia, per almeno tre motivi, ritengo importantissimo sottolineare che il giustificato entusiasmo dovuto all’entrata in vigore di questo divieto -il settimo emendamento della Direttiva cosmetici, che verrà sostituita a luglio dal Regolamento 1123/2009- non deve distrarre chi ha a cuore la propria sicurezza e il destino degli animali.
In primo luogo, infatti, rimane in vigore il Regolamento Reach che stabilisce che qualunque sostanza chimica con la quale l’uomo possa venire in contatto debba essere testata sugli animali qualora non siano disponibili metodi sostitutivi. Questo significa che è ipotizzabile il ricorso a particolari escamotage da parte delle aziende per continuare a sperimentare su animali anche sostanze che poi rientreranno nell’industria della cosmesi.
In secondo luogo, resta il dubbio per tutte quelle sostanze che -pur rientrando nel settore della cosmesi- sono state sino ad oggi sottoposte al regime dei farmaci in quanto in grado di penetrare maggiormente nell’organismo umano. Tali sostanze devono passare anche i test di tossicocinetica e come saranno trattate dopo l’11 marzo non può essere considerato ancora chiaro.
Infine, in terzo luogo, l’articolo 18, paragrafo 2, comma 6, del Regolamento 1123/2009 stabilisce condizioni eccezionali in base alle quali sarà possibile la concessione di deroghe al divieto di sperimentare sugli animali e quanto queste condizioni saranno davvero eccezionali dipenderà anche dal controllo che saprà esercitare l’opinione pubblica.