di Samuele Venturini, biologo

La nutria (Myocastor coypus), o castorino, è un roditore originario del Sudamerica che è stato importato in Italia ed Europa per farne pellicce fin dai primi anni del secolo scorso. La storia e la cronaca hanno dimostrato più volte come le fughe accidentali dagli allevamenti e i rilasci intenzionali di esemplari da parte degli allevatori, abbiano favorito l’insediamento e la naturalizzazione della nutria sul nostro territorio.
Fino a pochi mesi fa il Myocastor coypus era oggetto di piani di contenimento da parte delle Province in quanto organi preposti per la gestione della fauna selvatica. I metodi utilizzati sono stati armi da fuoco e gabbie trappola. Nonostante da decenni si siano attuati questi piani di abbattimento, il “problema” della presenza numerica di questo roditore non è mai stato risolto anzi, il più delle volte i risultati sono stati controproducenti con relativo sperpero di denaro pubblico.
Con le recenti modifiche alla legge sia nazionale che regionale (Lombardia) sono subentrate paradossalmente non poche difficoltà e incomprensioni. Prima di tutto la nutria attualmente non è più considerata giuridicamente fauna selvatica oggetto di tutela ma è classificata al pari di topi, ratti, arvicole, talpe. Per cui ne sarebbe possibile l’abbattimento con qualunque mezzo e in qualunque periodo dell’anno. Questo però ha dato adito a molti pericoli e conseguenze non chiare. Per esempio sarebbe possibile utilizzare gabbie trappola con la scusante del contenimento della nutria anche per catturare – illegalmente – specie diverse dal Myocastor. Oppure permettere di contenere la nutria con metodi diretti (di dubbia efficacia e mai comprovata) senza limiti temporali o spaziali andrebbe a impattare pesantemente sui delicati equilibri ecologici anche delle specie più a rischio estinzione e protette da varie leggi. Ciò arrecherebbe un danno non solo ambientale ma anche sociale ed economico. Tuttavia esistono ben altri metodi efficaci per il contenimento non cruento, bensì ecologico di questa (ed altre) specie. Oltre all’ingegneria naturalistica e alla riqualificazione ambientale esiste il controllo della fertilità. Questo ultimo metodo, gia testato con successo nel Comune di Buccinasco (MI) prevede di utilizzare la sterilizzazione chirurgica di ambo i sessi e il rilascio degli esemplari nel medesimo posto di prelievo. Tale protocollo si basa infatti sulla territorialità dell’animale che tende a difendere le risorse trofiche e gli spazi da individui esterni. Tale metodo risulta efficace in contesti abbastanza circoscritti come oasi, parchi, fontanili, cave e in tutte quelle zone con una rilevanza naturalistica ed etica strategica. A livello economico inoltre risulta essere un metodo vantaggioso nel medio/lungo periodo.
Esistono anche le reti antinutria e antigambero per la protezione degli argini in quei siti particolarmente pregiati. L’investimento iniziale è certamente impegnativo ma il risultato è sicuro e assai duraturo nel tempo.
La situazione legale è attualmente in discussione ed è pertanto utile attendere gli sviluppi per meglio comprendere il corretto modo di agire per la tutela non solo della fauna in primis ma anche del territorio e di conseguenza delle relative componenti sociali ed economiche.