Domenica 15 settembre sono stato ad Asti per partecipare al presidio in difesa dei cavalli forzati protagonisti del palio. Come spesso mi accade in occasione di questi appuntamenti, sono stato testimone di un fatto che viene sempre deliberatamente offuscato e confuso dai media.
Mi spiego: ogni qualvolta gli animalisti si ritrovano per manifestare, ecco che la manifestazione diventa “contro” qualcosa o qualcuno. In verità, gli animalisti non sono altro che persone sensibili e attente alla vita dei nostri compagni di strada su questo Pianeta e non badano alle differenze fisiche proprio perché sono capaci di guardare in profondità e dritto negli occhi dell’essenza più pura del concetto stesso di vita.
Ma veniamo ai fatti di domenica pomeriggio.
Ad Asti ogni anno si festeggia la ricorrenza di San Secondo, patrono cittadino, e le prime notizie della corsa risalgono al 1275 anche se è probabile che si svolga dall’anno mille. Molti cittadini, animalisti e non, da anni chiedono a gran voce l’annullamento di quella che indiscutibilmente è una tradizione anacronistica e grottesca. E certamente le Istituzioni cittadine hanno tutti gli elementi per comprendere la gravità della situazione: numerosi cavalli morti, animali sottoposti a sofferenze di ogni genere, terreno inadatto ai purosangue come scientificamente dimostrato dall’associazione veterinaria AVDA, curve pericolose studiate apposta per eccitare e soddisfare un disumano desiderio di spettacolo, traffico di sostanze stupefacenti illegali nonché diffusione e sostegno della criminalità. Solo nel 2002 i NAS dei Carabinieri hanno scoperto che ben sette cavalli su nove erano stati imbottiti di sostanze illecite dopanti!

Come ogni anno, anche in questa occasione è stato ripetutamente chiesto l’annullamento di questo evento criminale ed incoraggiata una sua revisione in chiave civile e moderna. Ciò a testimonianza del fatto che nessuno è contrario alla celebrazione di San Secondo e a un sereno momento di festa se non proprio i sostenitori del palio nella sua formulazione attuale che consiste esclusivamente in una spettacolarizzazione della violenza e della sopraffazione del più forte nei confronti del più debole.
E così, ancora una volta, la macabra giostra è ripartita e puntualmente ha registrato la sua vittima innocente: un altro cavallo non è sopravvissuto alla volontà insensata dell’essere umano.
Pioggia torrenziale, una vecchia e pesante corda di canapa alla partenza, rulli di tamburi e grida isteriche, gli spari del via e Mamunthones -un purosangue di soli cinque anni- non regge la tensione. In un attimo s’imbizzarrisce, inciampa in quella corda che diviene trappola mortale, una terrificante caduta, il collo si spezza così come la vita di questo giovane cavallo, un telo, una gru e via verso l’inceneritore.
Come se niente fosse accaduto, si dirà, anzi si è già detto, “era solo un cavallo”: è questo il livello di civiltà della nostra società?

I rappresentanti delle Istituzioni che difendono questo genere di “tradizioni”, inesorabili specchi dell’infimo livello culturale di chi li vota, sostengono, apprezzano e si fanno fotografare durante queste feste di origine medievale. Eppure il medioevo ce lo siamo lasciati alle spalle quasi un millennio fa e, nel frattempo, di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia: l’inquisizione è sparita così come la caccia alle streghe e chi commette reati non viene più appeso per i pollici. Al contrario, però, lo sfruttamento e la crudeltà nei confronti degli animali, esseri viventi e senzienti come noi, viene continuamente riproposta e perpetrata.
Domenica è morto un cavallo grazie alla mano assassina degli uomini, ma ho anche altre due immagini che mi hanno particolarmente disgustato.

Innanzitutto il Sindaco di Asti, tal Fabrizio Brignolo, che, con assoluto disprezzo del suo ruolo di rappresentante di tutti i cittadini, passando davanti ai manifestanti si è lasciato andare ad un provocante “non rompete i c…” figlio dell’arretratezza di cui è portatore. La seconda immagine, invece, sono tutti coloro che, insensibili e noncuranti di ciò che avevano appena compiuto, vomitavano odio e minacce: una triste quanto allarmante accozzaglia di gente alla ricerca di legittimazione per la violenza di cui si nutre. Probabilmente tra loro c’era anche Jonathan Bartoletti, il fantino di Pistoia che ha materialmente condotto Mamuthones alla morte.

Il palio è stato sospeso per pioggia, non certo per rimorso, e il Sindaco ha prontamente accolto le istanze di quei figuranti medievali e ieripomeriggio il “processo ai cavalli” si è ripetuto in attesa della prossima vittima sacrificale. Domenica è morto “solo” un cavallo, ma certamente con lui se n’è andato un altro pezzetto della nostra ipocrita civiltà.

Edoardo Gandini
OIPA-EU Relations Officer
Member of European Enforcement Network of Animal Welfare Lawyers and Commissioners