CAMPAGNA CONTRO LE CARROZZE TRAINATE DAI CAVALLI

Le cosiddette “botticelle” romane ossia le carrozze trainate dai cavalli non sono affatto una tradizione di trasporto per persone bensì rappresentano una degenerazione di quello che era il loro originario significato e scopo. Infatti le “botticelle” devono il loro nome alle botti: la carrozza trainata dagli animali serviva nell’800 unicamente al trasporto di merci, e di botti nel caso specifico. Nessuna “tradizione” di trasporto turistico dunque, come ingannevolmente si vuol far credere al turista;

Al giorno d’oggi non vi è alcuna esigenza che giustifichi l’impiego di animali per il trasporto, né di merci, né tanto meno di persone. Il turista può disporre, nella Roma del 2008, di moltissimi mezzi di locomozione, estremamente confortevoli, rapidi, accessoriati per ogni esigenza, e decisamente più economici della botticella, senza che questo debba comportare lo sfruttamento ingiustificato di animali;

I cavalli delle botticelle sono animali evidentemente sottoposti ad una condizione di sofferenza continua, essendo costretti, contro la loro volontà, a trainare tutti i giorni carichi estremamente pesanti (più di una tonnellata: la sola carrozza vuota pesa infatti 800 Kg…). Le condizioni di lavoro sono disumane: l’animale viene condotto lungo strade a scorrimento veloce (come il lungotevere) dove la vicinanza delle automobili, la velocità e il frastuono del traffico lo terrorizzano, con conseguenze gravi quali incidenti, spesso mortali; i cavalli si trovano sovente a percorrere strade in salita, sulla pavimentazione in san pietrini, scivolosa e sconnessa, che crea loro ulteriore disagio; questa condizione si aggrava in estate quando il sole cocente rende la fatica ancor più insopportabile; 

Se in epoche passate i carretti percorrevano vie isolate e relativamente tranquille, nella Roma odierna il traffico impazzito, il caos, lo smog, i rumori dei clacson, la velocità dei veicoli che sfrecciano vicinissimi alle carrozze, ecc.. rendono questo mezzo di trasporto assolutamente non idoneo alle sopravvenute condizioni di congestione della città. La botticella si configura pertanto come una pratica del tutto anacronistica e senza dubbio crudele nei confronti dei cavalli; non ha pertanto più alcuna ragione di sussistere al giorno d’oggi;

I vetturini sono esclusivamente interessati a trarre il massimo profitto da questa attività e pertanto non si curano minimamente del benessere dell’animale. Il cavallo viene forzato a lavorare in condizioni insostenibili nonché vietate dal vigente regolamento (art. 46 del Regolamento del Comune di Roma per la tutela degli animali): è frequente constatare che il numero massimo dei passeggeri non viene mai rispettato, che il divieto di far lavorare i cavalli dalle 13 alle 16 nella stagione estiva viene regolarmente violato, oltre a quello di non percorrere salite, di non andare al trotto, di non lavorare più di 6 ore al giorno, ecc.. I vetturini inoltre non sottostanno, come altre categorie di lavoratori (commercianti, tassisti, ecc…) ad alcun prezziario ufficiale, potendo fare il prezzo a loro piacimento ed arrivando a chiedere anche 300 euro a corsa;

I due incidenti mortali, verificatisi a distanza ravvicinata, uno a giugno e l’ultimo il 20 novembre del 2008, sono indicatori chiari di una condizione che non è oltremodo sostenibile e che non può durare, se non continuando a mettere in serio pericolo l’incolumità delle persone e dei cavalli. Il fattore di rischio di incidenti è troppo elevato e scaturisce dall’incompatibilità tra la natura stessa di questi animali, paurosi e vulnerabili, e lo stato di congestione delle strade di Roma.