di Margherita Settimo

La Commissione Scientifica per l’attuazione della CITES (Convenzione di Washington sul Commercio internazionale delle specie di fauna e flora minacciate di estinzione) è istituita presso il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ed attraverso la delibera del 10 maggio 2000, indica i principi e i criteri di base per il mantenimento degli animali nei circhi e nelle mostre itineranti (Regolamento non obbligatorio del 2006).

Si leggono accurate definizioni su come detenere rinoceronti, elefanti, scimmie quando sono in tournée: una giraffa, ad esempio, deve avere 12mq di spazio per sé con raccomandazione che l’altezza sia tale da poterle permettere di tenere il collo dritto.. anche un rinoceronte può ambire a 12mq di camerino (si chiamano così i locali degli artisti) all’interno del tendone, mentre almeno 80mq devono essergli riservati in esterno. Recintati, ovviamente, tutti sono consapevoli che potrebbero scappare, o fare cose, vedere gente (non alla Moretti, evidentemente), dunque un metro di altezza è sufficiente per il quartierino esterno, che dovrà essere ombreggiato per il riposo, provvisto di segatura per i bagni del rinoceronte (con l’attenzione pronta di controllare che non ne ingerisca troppa..non è sabbia, può fargli male) e di appigli cui aggrapparsi e giocare per le scimmie. Insomma stanze a tema per animali durante le serate artistiche vaganti. Per le zebre c’è addirittura un alert: “Tali animali risultano a volte di difficile e delicata gestione: si ritiene pertanto che debba essere posta particolare attenzione al loro utilizzo in spettacoli” (appendice A) e l’elefante viene descritto come una specie aggressiva e pure in via di estinzione (allegato A del Regolamento (CE) n. 338/97), ma può stare in 15mq di stanzetta interna e in 100mq di superficie esterna, con divieto di catene alle zampe se non per i momenti dedicati alla sua pulizia. Attenzione a non scritturare l’orso polare: è sinceramente sconsigliato. In Italia vige la legge 337/68 “Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo viaggiante” che bada ai criteri logistici e organizzativi del circo itinerante di cui ne riconosce l’utilità sociale, ma non fa alcun cenno al benessere degli animali.. eppure è l’unica (vecchia) legge che resta in vigore perché la recente legge 175/2017 in materia di spettacolo, che aveva previsto invece (art. 2, comma 4), entro 12 mesi, l’adozione di specifici decreti attuativi per il superamento graduale dell’utilizzo degli animali nei circhi, è decaduta perché scaduta. In più il Ministero dei Beni Culturali, attraverso il FUS (Fondo Unico dello Spettacolo), soltanto nel 2018, al circo, ha devoluto 5 milioni di euro.

Dunque il quadro sembra essere questo: il circo con animali è ancora un’attività legale, promossa da un Ministero, sovvenzionata da soldi pubblici, nonostante gli incassi diminuiscano (il 71,4% degli italiani, ad esempio, dati EURISPES 2016 rifiuta l’uso degli animali nei circhi e dunque non ci va più), e tante condanne facciano troppo spesso del backstage circense un film dell’orrore. Un video tristemente di repertorio girato da Animal Amnesty nel 2012 nel Circo Medrano, inchiodò al TG1 milioni di spettatori: gli attivisti, tra il pubblico, documentarono la sofferenza quotidiana degli animali detenuti in quel circo durante una tournée da Bratislava a Brescia, e li filmarono soprattutto nei momenti di pausa dalle performance. Nelle riprese si vede un canguro che si stringe il corpo con le zampe, come se si abbracciasse, e quelle zampe tremano forte tanta è la pressione muscolare degli sforzi atletici a cui è quotidianamente sottoposto, e ci sono poi tre elefanti che dondolano la proboscide da destra a sinistra o in avanti e indietro, senza pace. Questi comportamenti non sono presenti in natura e vengono chiamati dai veterinari “stereotipie”: quando gli animali sono in cattività, isolati in piccoli spazi, impossibilitati ad interagire socialmente con i loro simili e costretti in situazioni senza possibilità di locomozione, rispondono allo stress con atteggiamenti compensatori e ripetitivi che permettono loro di sopravvivere al dolore, pur continuando a soffrire in altro modo. Capita anche a noi umani: se non possiamo o non riusciamo ad affrontare un problema in modo positivo, risolvendolo, ne rimaniamo incastrati e, per meccanismi tipici di autodifesa, incominciamo a manifestare comportamenti disadattivi che si adeguano al disagio rendendolo negativamente famigliare e ingannandoci di averlo accettato.

Lo psicoanalista René Spitz, negli anni ’50, studiò i comportamenti dei bambini deprivati delle cure materne negli orfanotrofi americani o ospedalizzati e rilevò in essi gravi comportamenti disadattivi (tra cui il dondolamento ripetitivo, ad esempio) che chiamò “depressione anaclitica”. Spitz dimostrò che questi sintomi si risolvevano soltanto se il bambino tornava alla madre o se trovava qualcun altro disposto a prendersi affettivamente cura di lui: un tale trauma, se non superato, causava ritardi nello sviluppo nella maggioranza dei casi e un aumento del tasso di mortalità. Così succede agli animali, derubati da cuccioli alle loro madri, deprivati del loro habitat e della loro natura. Perché per quanto i circensi rispettino al millesimo tutte le normative vigenti in materia di benessere animale, non si capisce come possa ancora esserci un solo dubbio su cosa sia giusto o sbagliato: se lasciare un elefante nel suo ambiente, libero di percorrere fino a 70 chilometri al giorno come fa da sempre o se obbligarlo a sopportare chilometri chiuso in un furgoncino, a zonzo tra un villaggio e l’altro, a far l’artista. Albertino Casartelli, il legale rappresentante del Circo Medrano sopra citato, è stato condannato per il reato di maltrattamento di animali (544-ter, CP) e, nel frattempo, il canguro pare sia morto. Cinque elefanti dell’American Circus sono stati trovati in catene dopo la loro esibizione quotidiana, impossibilitati a muoversi: la loro detenzione era “incompatibile con la loro natura e produttiva di gravi sofferenze” (727 CP) e la Corte di Cassazione, nel 2018, ne ha condannato il gestore. Casi di questo tipo ce ne sono tanti, non ne farò un elenco, che sarebbe da estendere anche alle indagini sui metodi di addestramento, coercitivi o educativi. Questi ultimi prevedono il rinforzo positivo: un premio a termine di un allenamento che rafforza, appunto, un comportamento che per l’animale è già naturale avere. Ma se gli si devono far eseguire ordini contrari alla sua natura, come forme di danza, ad esempio, è il rinforzo negativo, cioè il metodo della punizione, che si è costretti ad adottare per potersi fare ubbidire.

La Federazione dei Veterinari Europei (FVE) raccomanda a tutte le autorità competenti a livello europeo e nazionale di proibire l’uso di animali selvatici nei circhi itineranti, poiché non c’è alcuna possibilità che vengano soddisfatte in modo adeguato le loro necessità fisiologiche, mentali e sociali. Questi animali, soprattutto elefanti e grandi felini, continua la FVE, hanno lo stesso patrimonio genetico dei loro corrispondenti in natura e mantengono lo stesso comportamento istintivo: non c’è alcun beneficio che possa giustificare l’uso di animali selvatici nei circhi itineranti né dal punto di vista educativo, né della conservazione, della ricerca e neppure economico. E, ritornando agli orientamenti generali delle linee guida della CITES, si legge che “Le indicazioni inerenti i requisiti minimi indicati di seguito, non devono essere considerate come una giustificazione o un invito a mantenere determinate specie nei circhi. In particolare si raccomanda che in futuro non vengano più detenute le specie in via di estinzione o il cui modello gestionale non è compatibile con la detenzione in una struttura mobile quali, ed in particolare: primati, delfini, lupi, orsi, grandi felini, foche, elefanti, rinoceronti, ippopotami, giraffe, rapaci”. La conclusione logica (e lasciamo fuori, per questa volta, l’empatia, la sensibilizzazione al diverso e la nuova etica) è dunque una sola: il circo con animali non deve esistere.