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LA LEISHMANIOSI NON SI TRASMETTE DIRETTAMENTE
DA CANE A UOMO L’OIPA: “E’ NECESSARIO
FARE CHIAREZZA PER EVITARE INUTILI ALLARMISMI”

27/2/14

A seguito della pubblicazione di un articolo apparso lo scorso 20 febbraio sul quotidiano locale La Sicilia, l’OIPA intende fare chiarezza su una serie di informazioni errate riguardo la Leishmaniosi canina che rischiano di creare un infondato allarmismo. E’ infatti importante sottolineare che tale malattia non rappresenta un grave rischio per l’uomo e che non è trasmissibile, come riporta l’articolo, “attraverso morsi o altro tipo di contatto tra animale e uomo”.

L’incremento delle zone che possono considerarsi endemiche è da imputare ad alterazioni climatiche ed ambientali che stanno influenzando e modificando la biologia del vettore della malattia, il flebotomo (simile ad una zanzara di piccole dimensioni). La leishmania per completare il suo ciclo biologico ha infatti bisogno di un ospite intermedio, il flebotomo appunto, e di uno definitivo rappresentato dall’ospite vertebrato.

Il serbatoio naturale del parassita è il cane e la trasmissione all’uomo si realizza esclusivamente attraverso punture di flebotomi infetti. Possono essere a rischio soprattutto persone immunodepresse (trapiantati d’organo, HIV positivi, tossicodipendenti). Il flebotomo esegue un solo pasto infettante per notte, quindi avere un cane leishmaniotico in casa non costituisce un reale pericolo per il proprietario, infatti se un flebotomo non infetto punge un cane leishmaniotico presente in casa, non potrà trasmettere il parassita all’uomo perché l’insetto eseguirà il successivo pasto di sangue dopo circa due settimane. Il rischio, già inesistente, scompare se si pensa ai rapporti tra cane randagio e uomo.

“I medici veterinari liberi professionisti,con le loro strutture diffuse in modo capillare sul territorio nazionale,hanno oggi un'importanza fondamentale nella lotta alla leishmaniosi e nella tutela della salute di cani e persone – spiega la dott.ssa Silvana Confente, medico veterinario - Si parte dai test diagnostici, affidabili e con risultati disponibili subito analizzando poche gocce di sangue e dai prodotti repellenti ormai diffusi in ogni formulazione (spray,spot on,collari) e per tutte le tasche per arrivare al vaccino specifico che stimola il sistema immunitario e permette al cane di reagire in modo corretto contro il parassita Leishmania. Nel caso invece di un cane già malato il medico veterinario stabilirà un iter diagnostico e terapeutico appropriato, senza dimenticare le precauzioni da prendere per evitare la trasmissione della malattia. Quindi no ai facili allarmismi, sì ad un efficace approccio scientifico”.

Riteniamo molto grave la diffusione di informazioni errate e fuorvianti, in particolar modo in un territorio come quello siciliano, dove il randagismo raggiunge livelli elevatissimi e i cani subiscono già ogni tipo di maltrattamento, primo su tutti l’indifferenza. E’ infatti inesatto dichiarare, come riporta l’articolo in questione, che alcuni comuni siciliani “hanno attivato procedure di sterilizzazione tali da limitare il numero di cani in circolazione”, in quanto non esistono al momento in Sicilia territori dove viene applicata l’unica strategia approvata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la gestione del randagismo endemico, ovvero “capture – neuter – release”- “cattura – sterilizza – rilascia sul territorio”. Le sterilizzazioni, così come il salvataggio di animali investiti, malati e denutriti sono al momento a carico dei volontari delle associazioni animaliste, a dispetto di quanto prescrive la legge nazionale in materia di randagismo.


Articolo pubblicato su “La Sicilia” il 20 febbraio 2014





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