Di Sofia Fusar Poli

Ogni essere umano, ogni giorno e per tutta la vita, prova delle emozioni. Sono un aspetto importante della nostra quotidianità, contribuiscono a definire come percepiamo gli eventi che hanno luogo intorno a noi e come ci sentiamo, spiegano i nostri stati psicologici ed i nostri comportamenti. Possiamo dire di essere felici quando ci accade qualcosa di piacevole, oppure di essere arrabbiati o tristi se qualcosa non rispecchia le nostre aspettative. Tutti quanti riteniamo di sapere cos’è un’emozione e siamo in grado di spiegare in maniera soggettiva che cosa proviamo. Capire le emozioni di qualcun altro, invece, è più difficile, e lo è ancora di più se si tratta di un animale.

Approfondire le nostre conoscenze riguardo le emozioni degli animali non umani può aiutarci far luce sul loro significato evolutivo, origine e funzione. Non solo, confrontare le emozioni umane con quelle degli animali ci ricorda che non c’è una netta separazione tra ‘noi’ e ‘loro’: provare emozioni, infatti, non è una prerogativa prettamente umana. Questa consapevolezza ci avvicina agli altri animali, ci permette di comprendere meglio la loro natura e di provare empatia verso il loro piacere e la loro sofferenza, ci insegna a rispettarli e a trattarli con più attenzione. Infine, ci può anche aiutare a spiegare alle persone più scettiche perché è importante rispettare gli animali ed il loro benessere.

La percezione della vita emotiva degli animali nella storia

Chiunque viva con un cane, un gatto o un altro animale domestico sa bene quando il proprio animale prova delle emozioni. Tutti, infatti, sappiamo riconoscere la paura nello sguardo di un cane che deve entrare nello studio del ‘cattivissimo’ veterinario o la rabbia e la determinazione di un gatto che affronta un rivale rizzando il pelo e tirando fuori le unghie. In maniera simile, ci sembra ovvio riconoscere il dolore negli occhi di un animale ferito che soffre, come i koala vittime dei recenti incendi in Australia, o il piacere nelle grida di gioia di uno scimpanzé che gioca con i propri simili.

Tuttavia, mentre al giorno d’oggi nessuno negherebbe la presenza di emozioni negli animali, la ricerca in questo campo è relativamente recente e ancora in pieno sviluppo. Nel XVII secolo il famoso filosofo francese Cartesio riteneva che gli animali fossero delle semplici ‘macchine’, dei corpi privi di sensibilità che reagiscono meccanicamente agli stimoli interni ed esterni. Secondo la sua teoria, solo gli esseri umani sono in grado di provare emozioni, in quanto possessori di una coscienza e capaci di ragionare e parlare. Purtroppo all’epoca questa visione era condivisa da molti, il che comportava una quasi completa assenza di empatia nei confronti degli animali, i quali erano soggetti ai più atroci esperimenti e maltrattamenti. Basti pensare che Cartesio paragonava le grida degli animali sottoposti a dolorosissime torture ai cigolii che emettono i meccanismi di un orologio in movimento, giustificando quindi abusi e crudeltà. Un secolo più tardi, il filosofo inglese Jeremy Bentham propose, invece, una teoria radicalmente diversa. Egli, infatti, riconosceva che gli animali soffrono e gioiscono come gli esseri umani, ed esortava quindi ad una loro considerazione più etica e consapevole. In una famosissima citazione, Bentham argomenta che, quando ci interroghiamo sul modo in cui dovremmo trattare gli animali, la domanda che ci dobbiamo porre non è “possono ragionare?” o “possono pensare?”, bensì “possono soffrire?”. Il filosofo inglese ci invita dunque a riflettere sul nostro utilizzo degli animali come cibo, vestiario, trasporto e intrattenimento e ci regala una grande lezione di umanità: non è importante quanto un animale è intelligente, ma lo è la sua capacità di provare emozioni.

È però solo con Charles Darwin, nella seconda metà del XIX secolo, che lo studio delle emozioni negli animali acquisisce una forma più sistematica e rigorosa. Darwin fu uno dei primi naturalisti ad asserire che non solo gli umani, ma numerosi altri animali provano ed esprimono un’ampia varietà di emozioni. Nel suo libro “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali” Darwin analizzò i comportamenti visivi ed acustici di uomini e animali in risposta a diverse emozioni. Con il supporto di illustrazioni e fotografie dimostrò che queste espressioni condividono molte caratteristiche in diverse specie. Ad esempio, l’erezione involontaria di peli e piume, unita a specifiche posture e vocalizzazioni che fanno sì che l’animale appaia più grosso, è comune in molti uccelli e mammiferi quando provano paura o rabbia (pensiamo al gatto quando si ‘gonfia’ per minacciare un suo simile). Darwin affermava che l’espressione delle emozioni aiuta gli individui a sopravvivere nel proprio ambiente, preparando il corpo a reagire agli stimoli in maniera appropriata. Inoltre, riteneva che tali espressioni abbiano una chiara funzione comunicativa, poiché si manifestano in comportamenti che rivelano agli altri il proprio stato emotivo interiore. Sono osservabili, infatti, attraverso le espressioni facciali, le posture, l’andatura, la produzione di suoni ed il movimento di arti e appendici come la coda e le orecchie. Queste espressioni veicolano delle informazioni che permettono ad altri individui di riconoscere lo stato emotivo e le intenzioni di un proprio simile, favorendo la comunicazione e le interazioni sociali.

Visto il loro importante ruolo evolutivo e per la sopravvivenza, è logico ritenere che anche gli altri animali siano in grado di provare emozioni simili a quelle umane. Darwin sosteneva infatti che, esattamente come i caratteri anatomici, fisiologici e comportamentali, anche le caratteristiche psicologiche sono plasmate dalla selezione naturale e sono ereditate filogeneticamente. Il naturalista inglese vedeva quindi una continuità evolutiva tra la sfera affettiva degli uomini e quella degli altri animali. In altre parole, sosteneva che non è ragionevole pensare che solo gli umani siano in grado di provare emozioni o che possa esistere una netta distinzione tra la sfera emotiva nostra e quella degli altri animali. La sofferenza fisica e psicologica che proviamo quando ci feriamo in maniera grave è del tutto simile e paragonabile a quella di un macaco sottoposto a esperimenti dolorosi ed invasivi in un laboratorio o a quella di un maiale costretto a subire i crudeli trattamenti riservati agli animali nell’industria della carne. L’ansia che prova un cane dal veterinario è sicuramente simile a quella che prende noi umani quando siamo in sala d’aspetto e sappiamo che dovremo presto accomodarci sulla poltrona del dentista.

Il lavoro di Darwin ha profondamente influenzato l’approccio allo studio delle emozioni nei campi della psicologia, della biologia e del comportamento animale. Negli ultimi decenni sia la letteratura popolare sia quella scientifica hanno fornito valide prove a sostegno della teoria di Darwin e molti studiosi hanno contribuito a dimostrare l’esistenza di una ricca vita affettiva almeno in alcuni animali non umani.

Del piacere e del dolore, dell’amicizia e del lutto

Tradizionalmente, i ricercatori distinguono due tipi di emozioni: quelle primarie o semplici, e quelle secondarie o complesse. Le emozioni primarie assolvono a processi biologici fondamentali e si manifestano in comportamenti direttamente legati alla sopravvivenza. Ad esempio, la rabbia si esprime con l’aggressione, la paura nella fuga. Lo psicologo Paul Ekman ha ipotizzato che esistono sei emozioni primarie, quali la paura, la rabbia, la sorpresa, la tristezza, il disgusto e la felicità. Queste emozioni sono state osservate in un gran numero di specie animali. Le emozioni secondarie, invece, come il senso di colpa, l’orgoglio e la gelosia, implicano capacità cognitive più complesse e si sviluppano attraverso processi di apprendimento e socializzazione. Per tanti anni la comunità scientifica ha ritenuto che solo gli esseri umani e pochi altri primati potessero provare emozioni complesse. Tuttavia, recenti ricerche, come quelle del primatologo Frans de Waal, hanno dimostrato che tali emozioni sono presenti in molte più specie animali.

La biologa e antropologa Barbara King ha studiato a lungo l’espressione del dolore negli animali. Un’orca assassina che si rifiuta di staccarsi dal proprio piccolo morto poco dopo la nascita, uno scimpanzé che smette di mangiare e non gioca più perché vittima di esclusione sociale, o un’oca che giace vicino al corpo senza vita del proprio compagno di una vita sono tutti esempi di come il dolore si può esprimere in forme complesse nel mondo animale. Il caso famoso delle emozioni legate al lutto negli animali è offerto dagli gli elefanti. Gli enormi pachidermi sono celebri per la loro memoria formidabile, un senso dell’olfatto molto sviluppato, grandi capacità cognitive e per la formazione di duraturi e complessi legami sociali. Come esposto in recenti studi empirici condotti dal biologo George Wittemeyer, gli elefanti interagiscono in maniera sofisticata con i corpi dei membri deceduti del proprio gruppo sociale. Essi spostano più volte le carcasse, si producono in articolate vocalizzazioni e continuano a interessarsi ai corpi anche quando la decomposizione è in fase avanzata. Queste ed altre ricerche hanno generato la convinzione che gli elefanti ‘piangano’ i propri cari. Effettivamente, a giudicare la complessità dei rapporti che i membri di un gruppo hanno con i compagni recentemente deceduti, pare proprio che gli elefanti esprimano una forma di elaborazione del lutto. È importante sottolineare che questa sofisticatezza indica che gli elefanti, così come altri animali, non provano semplicemente un meccanico stress, ma una vera e propria emozione complessa.

Gli animali in lutto, così come suggerisce ancora Barbara King, ci mostrano che esiste anche l’altra faccia della medaglia, quella dell’affetto e dei legami sociali. Infatti, la sofferenza dovuta alla perdita di un partner o un compagno, alla morte del proprio cucciolo o alla rottura di un legame indicano l’esistenza di forti rapporti di affetto, di amicizia e di piacere intenso tra i propri simili. Per fortuna, il mondo animale è pieno di espressioni di gioia, di piacere, di ilarità e, sicuramente, di amore. Senza dubbio, tutti noi sappiamo riconoscere la gioia nello scodinzolamento, nell’abbaio eccitato e nei movimenti del nostro cane quando ci vede rincasare. Altrettanto, molti di noi hanno certamente potuto osservare nei documentari come i giochi organizzati da alcune scimmie producano in esse viva felicità e sfrenato divertimento. Come per le emozioni considerate comunemente negative, anche quelle positive trovano svariate espressioni in moltissime e diverse specie animali.

Casi celebri, come quello delle renne che si lanciano ripetutamente dentro montagnette di neve o dei bufali che corrono e scivolano sul ghiaccio producendo inequivocabili vocalizzazioni di gioia, dimostrano la varietà e la complessità della felicità nel mondo animale. Poco fuori Brisbane, in Australia, sono stati osservati dei canguri organizzare dei veri e propri incontri amichevoli di boxe. Una vera e propria lotta tra canguri, ad esempio per una contesa territoriale, può assumere caratteri molto violenti, ma questi marsupiali sono in grado di limitare la propria forza e di avvicendarsi in sfide che hanno come unico scopo il divertimento. Ancora una volta, l’analisi dei loro movimenti e delle loro vocalizzazioni conferma che gli animali provano autentica gioia nel giocare con i propri simili.

La condivisione delle emozioni, però, può anche oltrepassare il confine della specie. Gli esseri umani mantengono da millenni sofisticate interazioni con i cani, i quali sono in grado di riconoscere le espressioni emotive delle persone, distinguendo in maniera efficace volti tristi da volti felici e diversi toni di voce. Recenti studi hanno anche dimostrato che i cani possono provare emozioni che vanno al di là della semplice paura o felicità. Ad esempio, sembra che i nostri amici a quattro zampe possano provare una certa forma di gelosia. Quando osservano il loro compagno umano, la loro principale figura di riferimento, interagire con un altro cane di casa, manifestano gli stessi comportamenti di ricerca di attenzione dei bambini ignorati dai genitori in favore di un fratellino. Ciò dimostra, di nuovo, l’importanza delle emozioni nei rapporti sociali.

LE EMOZIONI PRIMARIE

Il rispetto per le emozioni animali

Questo breve viaggio attraverso il variegato mondo delle emozioni offre molti stimoli ed occasioni per riflettere. Come già anticipato, non è sempre facile interpretare il comportamento degli animali ed essere sicuri, ad esempio, che quello che ci sembra un sorriso di uno scimpanzé o di un tasso sia effettivamente un’espressione di gioia. Le persone hanno un’innata tendenza ad antropomorfizzare gli animali, vale a dire ad attribuire loro caratteristiche comportamentali, mentali ed emotive umane. Per questa ragione bisogna sempre essere cauti nel presumere che le esperienze emotive negli animali siano esattamente uguali alle nostre, poiché questo ci potrebbe portare ad interpretare in modo errato i loro bisogni e le loro capacità. D’altra parte, però, è anche sbagliato escludere a priori che gli altri animali possano provare emozioni.

È sufficiente soffermarsi ad osservare la natura per poter notare moltissimi esempi di come le emozioni, attraverso il dolore e la sofferenza, il gioco e la lotta, il piacere e la gioia, si esprimono nel mondo animale nelle più svariate forme. Eppure, nella vita di tutti i giorni, ci dimentichiamo spesso di queste emozioni, oppure ci facciamo convincere che non esistano realmente, trattando gli animali come fossero quelle macchine vuote descritte da Cartesio. In alcuni laboratori di ricerca, negli allevamenti, in alcuni zoo, nei circhi, nei parchi marini, nei villaggi turistici e spesso anche in casa nostra le emozioni degli animali non vengono considerate affatto o abbastanza. La paura che provano i primati in laboratorio, lo strazio di un vitellino neonato separato dalla mamma, il sentimento di abbandono di un cane maltrattato e la gioia di vivere che prova un animale che viene liberato dalla cattività ci devono insegnare l’importanza nel dare la giusta considerazione alla vita degli animali.

Allora ricordare l’evoluzione, la complessità ed il ruolo delle emozioni nella loro vita ci aiuterà ad instaurare delle relazioni più sane e giuste con gli altri animali, ad imparare da loro e a fare in modo che possano vivere appieno la loro vita alla ricerca della serenità. Solo riconoscendo e rispettando le emozioni degli altri animali potremo diventare essere umani migliori.

LE EMOZIONI SECONDARIE