La Provincia Autonoma di Trento ha stabilito che l’orso protagonista dell’aggressione al podista W. Molinari di Cadine di Trento va catturato perché pericoloso, senza autorizzazione del Ministero né parere dell’ISPRA in proposito. Ma quali dovrebbero essere i parametri per decidere se un orso è pericoloso o meno? L’orso voleva uccidere il podista? Lo abbiamo chiesto a tre esperti, il Professor Luigi Boitani, biologo, zoologo, nonché uno dei massimi esperti di lupi e orsi in Italia, il Professor Carlo Consiglio, già ordinario di Zoologia nell’Università di Roma La Sapienza, e il Dottor Paolo Ciucci, ricercatore presso il dipartimento di Biologia e Biotecnologie dell’Università La Sapienza.
“Definire problematico un orso è solo questione di mettersi d’accordo tra umani. L’orso non ha voce in capitolo. E’ solo un problema di trovare l’accordo su criteri e caratteri che permettano di mettere in categorie separate gli orsi che fanno una cosa da quelli che non la fanno. Quale sia questa cosa è una scelta puramente umana, quindi politica, molto poco tecnica: d’altra parte tutta la gestione e conservazione della natura è una questione di consenso umano, quindi politico” spiega il prof. Boitani. Il prof. Consiglio evidenzia inoltre che “un orso “pericoloso” potrebbe essere definito quell’esemplare che ha preso l’abitudine di frequentare l’uomo, i suoi insediamenti ed attività”, cosa che può avvenire a causa di cattive abitudini date da chi abbandona cibo vicino a centri abitati oppure per il mancato utilizzo, ad esempio, di cassonetti anti-orso che dovrebbe essere in dotazione di tutti i Comuni che si trovano in zone popolate dai plantigradi.

Il prof Ciucci aggiunge “Un aspetto sul quale invito a riflettere è il livello di tolleranza da parte della società del livello di pericolosità di un orso (o di qualsiasi altro animale selvatico): è inutile e fondamentalmente sbagliato tentare di misurare la seconda senza tener conto della prima. La tolleranza è una scelta politica calibrata sulla pericolosità di un orso che noi identifichiamo come tale sulla base di una nostra valutazione sul livello di aggressività mostrato dall’orso in determinati contesti. Il ‘modello gestionale’ di riferimento ideale, in questo senso, dovrebbe mirare al mantenimento di un livello di rischio tollerabile, per le cose e le persone. Quale è quindi questo livello e come esprimerlo a livello di società intera e non gruppi di appartenenza?”
L’unico testimone dell’aggressione è l’aggredito, non esiste quindi una ricostruzione dei fatti che possa testimoniare al di là di ogni dubbio che l’aggressione sia stata inevitabile, immotivata e gratuita. Al contrario, al momento le dichiarazioni dell’aggredito testimoniano almeno due infrazioni delle norme da seguire in zone popolate da orsi, ovvero non condurre cani e, in caso di incontro mostrarsi passivi, mentre Molinari ha ammesso di aver urlato e alzato le braccia in aria. La reazione dell’orso è stata provocata e appare evidente come l’intento del plantigrado non fosse certo quello di nutrirsi una nuova “preda”.
“L’interpretazione dell’aggredito, che l’orso volesse mangiarlo, è del tutto fantasiosa. L’orso sicuramente percepisce l’uomo come un pericolo, ma non come una possibile preda. Non ci sono precedenti in tal senso” chiarisce Consiglio. “Il grizzly e l’orso polare uccidono e si cibano di umani. Nei nostri orsi in Abruzzo non è mai

successo” aggiunge Boitani. Conclude Ciucci “Tenderei ad escludere categoricamente un attacco con intenzioni predatorie. Piuttosto, siamo nella stagione degli accoppiamenti e il livello di intolleranza interindividuale nei grossi maschi adulti è al massimo annuale, e potrebbe quindi più verosimilmente trattarsi di un caso di competizione sociale o difesa di qualche risorsa locale (ad esempio una carcassa di ungulato sulla quale l’orso si stava alimentando)”.
La rapidità con la quale è stata emanata l’Ordinanza non dà l’idea che l’orso venga “rigorosamente protetto” come prescrive la Direttiva europea 92/43/CEE (sulla base della violazione di tale direttiva in occasione della morte di Daniza, l’OIPA aveva denunciato l’Italia alla Commissione Europea nel settembre 2014) né che Life Ursus venga vissuto dall’attuale amministrazione provinciale come un’opportunità invece che come una problematica eredità. Quale strada seguire quindi per garantire un futuro al progetto, ma soprattutto per evitare che gli orsi trentini diventino il capro espiatorio di una cattiva gestione che ha portato a percepirli come una minaccia?

“Per conciliare la conservazione dell’orso in Trentino con la presenza e le attività umane occorre diffondere norme di comportamento tra la popolazione. La Provincia di Trento le ha redatte ma non le ha diffuse.
Tra esse: durante la marcia in montagna parlare, o cantare, o tenere una radio accesa, o portare un campanello o un mazzo di chiavi tintinnante; non correre; se si avvista un orso, allontanarsi lentamente; non portare cani; se possibile, marciare in gruppo – spiega Consiglio – Nei parchi nazionali dell’Africa orientale, visitati da moltissimi turisti, dove vi sono molti animali, quelli sì, “pericolosi”, come leoni, leopardi, elefanti, ippopotami e rinoceronti, si va in giro in jeep e non a piedi, e a nessuno viene in mente di “limitare il numero degli animali”. Anche secondo Boitani “Una politica vincente è quella che procede sulle basi di un chiaro protocollo concordato con il maggior consenso possibile. In questo ci deve essere chiaro cosa si intende per coesistenza, i limiti ai danni sopportabili, gli interventi da fare in caso di incidenti, ecc.”

“Quello che noi possiamo fare per essere rispettosi della loro biologia – sottolinea Ciucci – è non offrirgli occasioni di abituazione al contatto con l’uomo e intervenire prontamente con reazioni di condizionamento negativo qualora se ne ravveda la necessità. Prevenire è sempre meglio che curare, specialmente se è di orsi che si parla. La situazione non è facile, ma sicuramente necessita del contributo di tutti, possibilmente informato, civile e razionale”.
A questo proposito l’OIPA ha lanciato un mail bombing di protesta nei confronti della Provincia di Trento – rilanciato anche sui social network con l’hashtag #maipiudaniza – e invierà una diffida alla Provincia circa la legittimità dell’Ordinanza. Contestualmente verrà inviata una lettera al Ministero dell’Ambiente per chiedere un intervento in merito. Le sezioni OIPA di Trento e Bolzano procederanno inoltre a elaborare e proporre un progetto integrato che preveda, al fianco della Provincia, di coordinare e promuovere le azioni informative, formative, di sensibilizzazione ed eventualmente di controllo del rispetto delle norme di comportamento e di sicurezza. In questo progetto verrà inclusa un’azione formativa specifica anche per gli amministratori pubblici, affinché apprendano, anche sulla base di esperienze condivise con loro colleghi di altre regioni, la gestione politica e mediatica della convivenza con i grandi predatori.

Di fondamentale utilità diventa quindi la creazione di un tavolo permanente di esperti, nazionali ed internazionali, avvalendosi della collaborazione già avviata delle tre Università (Trento, Bolzano, Innsbruck), aperto anche ad altre associazioni animaliste e protezioniste:

• che agisca come riferimento tecnico-scientifico e che curi la raccolta di tutti i dati rilevati sul territorio trentino;
• che elabori delle linee guida e di intervento ad integrazione di quelle promosse dalla Provincia;
• che valuti in modo rigoroso e scientificamente condivisibile ogni evento riferibile all’orso (come annunciato dalle stesse tesi risultate dal convegno di Bolzano nel dicembre 2014).

INVIA L’APPELLO DI PROTESTA!