Di Giampiero Sammuri, presidente Federparchi-Europarc Italia

L’Italia è il primo Paese in Europa per biodiversità, abbiamo il maggior numero di specie animali e vegetali, tra queste 1300 di piante e 10 mila di animali sono endemiche, cioè vivono solo in Italia.

Per questo primato le aree protette hanno dato un contributo decisivo nel tutelare questa ricchezza di specie partendo da quelle più gravemente minacciate di estinzione. Nello svolgere tale attività di valutazione del rischio di estinzione è importante seguire criteri scientifici, come quelli indicati dalla metodologia Red List IUCN e adottata nella stesura delle Liste Rosse italiane realizzate da Federparchi per conto del Ministero della Transizione Ecologica. Uno strumento prezioso che ci dice quali sono le specie più a rischio di estinzione e, quindi, come e dove intervenire con azioni di tutela, recupero o reintroduzione. D’altronde, questa è la missione fondamentale delle aree naturali protette.

Andiamo con ordine. Partiamo dal metodo scientifico, in quanto è indispensabile avere un criterio per orientare e indirizzare le attività di tutela della biodiversità: in caso contrario si rischia d’investire risorse preziose, sia umane sia finanziarie, su specie che magari non ne hanno più molto bisogno. Faccio subito un esempio: il lupo. In Italia il lupo era praticamente quasi estinto ai primi anni Settanta, a causa di abbattimenti sistematici attuati da sempre dall’uomo e divenuti più efficienti con l’avvento delle armi da fuoco, oltretutto fino agli anni Settanta del secolo scorso assolutamente legali. Dalla metà degli anni Settanta in avanti, grazie anche a un susseguirsi di norme sia nazionali che europee, si sono avuti interventi massicci di tutela e il lupo è stato dichiarato specie particolarmente protetta dalla legislazione italiana, si sono sviluppati progetti europei di monitoraggio e conservazione e, soprattutto, abbiamo visto all’opera parchi nazionali storici, come quelli abruzzesi, che hanno lavorato per anni per la sua salvaguardia. Ancora oggi sono attivi progetti di monitoraggio cui partecipa, insieme all’Ispra, anche Federparchi. Il risultato è che oggi il lupo non solo ha ripopolato l’Appennino, ma ha riconquistato anche le Alpi e in Italia si stima che vi siano oltre duemila esemplari. A questo punto il lupo dovrebbe uscire dalle categorie delle specie minacciate in base ai criteri delle liste rosse IUCN.

Oggi abbiamo in Italia alcune specie rarissime in grave pericolo di estinzione e il problema è che sono un po’ meno accattivanti e carismatiche rispetto al lupo o all’orso, si prestano meno a campagne di comunicazione e a diventare brand, ma dal punto di vita della biodiversità sono preziose. Faccio solo due esempi: l’Ululone appenninico (Bombina pachypus), un piccolo anfibio endemico che vive solo in Italia e che sta avendo un declino esponenziale, e poi un coleottero tenebrionide, il Platydema europea, che vive sul suolo calabrese, in particolare nell’area del parco nazionale dell’Aspromonte, la cui esistenza è minacciata in modo critico.

Per individuare i livelli di rischio estinzione di una specie utilizziamo, pertanto, le Liste Rosse della IUCN, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. Per realizzarne una occorrono anni di lavoro, esperti e ricercatori devono raccogliere e poi analizzare una gran mole di dati sulla specie in oggetto per poi sviluppare la classificazione del rischio in base ai criteri scientifici stabiliti dalla IUCN.
Cos’è la IUCN? È la più grande organizzazione al mondo che si occupa di conservazione e che vede associati 211 tra Stati e Agenzie governative, 1200 ONG e associazioni di popoli indigeni. La IUCN è presente in 160 Paesi e conta oltre 18 mila esperti organizzati in sei Commissioni mondiali, a loro volta articolate per aree geografiche e modulate in base alle tematiche da affrontare. Molti soci e membri delle Commissioni sono italiani.

Una delle più importanti attività della IUCN è, appunto, quella che riguarda le Liste Rosse delle specie a rischio estinzione suddivise per categorie di minaccia. A inizio 2021, complessivamente si contavano 31 mila specie minacciate. Il gruppo maggiormente in pericolo è quello degli anfibi, con il 41% a rischio, seguiti dai pesci cartilaginei col 30%, poi i mammiferi con il 25% e gli uccelli col 14%. Nel mondo vegetale le conifere sono quelle a maggior rischio di estinzione con il 34% di specie minacciate.

Le categorie di rischio di estinzione valutano la probabilità che una specie possa estinguersi e sono, partendo dalla probabilità più alta: Gravemente minacciata, In pericolo e Vulnerabile. Queste tre categorie riguardano le specie minacciate. Poi ci sono due categorie più favorevoli dal punto di vista della conservazione e quindi non minacciate Quasi minacciata e Minor preoccupazione. Vi sono anche tre categorie che individuano il livello di estinzione di una specie: Estinta del tutto, Estinta solo in natura, Estinta in una determinata area.

Le Liste della IUCN introducono un importante concetto che si basa sul rigore scientifico: le specie viventi non sono tutte uguali per biologia ed ecologia e, di conseguenza, ai fini della conservazione. Alcune sono a forte rischio di estinzione, altre non corrono alcun rischio, passando per tutte le categorie intermedie. Altre ancora sono abbondanti o collocate fuori dal loro areale originario (le cosiddette aliene, che quando diventano invasive sono la seconda causa di perdita di biodiversità a livello globale). Ecco perché le Liste Rosse non sono un mero esercizio teorico, ma la base per una corretta gestione delle specie che tenga conto del loro stato di conservazione. In pratica dovrebbero essere consultate continuamente da chi si occupa di conservazione della biodiversità, dai parchi in particolare. Una specie che non corre rischi di estinzione in senso globale può, invece, essere fortemente minacciata a livello regionale, ecco perché è fondamentale avere, nel nostro caso, una corrispettiva Lista Rossa italiana; per esempio, è il caso dell’Orso bruno: minacciato in Italia ma non a livello globale. Evidenziando il diverso grado di conservazione e di minaccia delle varie specie a scala locale si forniscono informazioni fondamentali per la sua gestione. Le Liste Rosse nazionali sono, quindi, un punto di riferimento e al contempo un indicatore per il successo o meno delle politiche e delle attività di tutela della biodiversità.

In Italia le Liste Rosse più recenti sono quelle dedicate alle Api (2018) e il secondo volume di quella dedicata alla Flora (2021, il primo era stato pubblicato nel 2013). Tutte le Liste, così come i criteri e la metodologia di realizzazione, sono consultabili sul sito del Comitato italiano della IUCN, la cui segreteria è curata da Federparchi per conto del MiTE, all’indirizzo http://www.iucn.it/liste-rosse-italiane.php.

In conclusione, una nota sull’aspetto legislativo inerente la tutela della biodiversità. L’Italia ha da poco inserito in Costituzione la tutela dell’ambiente, degli ecosistemi e della biodiversità, facendo fare un enorme passo avanti al nostro Paese. Inoltre, con la modifica, la nostra Carta afferma anche che “La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. Ricordiamo, però, che a oggi c’è solo una legge che si limita alla tutela dei mammiferi e degli uccelli (la n. 157/1992 sulla fauna omeoterma), mentre tutte le altre specie (anfibi, rettili, pesci, invertebrati, insetti, forse dall’immagine meno accattivante ma di enorme importanza per la biodiversità) sono “scoperte” e, non a caso, costituiscono la gran parte delle specie a rischio estinzione. A maggior ragione, dopo la modifica costituzionale sarebbe opportuno che si procedesse quanto prima a legiferare in modo specifico sulla tutela delle altre specie: in tal modo si darebbe anche maggiore forza allo strumento scientifico delle Liste Rosse. È compito di tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di conservazione della natura avanzare proposte e sollecitare il legislatore a dare pieno seguito a quanto scritto nella nostra Costituzione.