Occhi che guardano, spiano, desiderano e sognano. Zampe che si muovono, per scalciare e correre o per sdraiarsi. Voci che, a loro modo, vorrebbero parlare, comunicare. Corpi che vorrebbero condividere, toccarsi, prendersi cura l’uno dell’altro. Tutte queste semplici cose sono ciò che ogni animale fa per esprimere il suo essere vivo, il suo essere una creatura che prova piacere e dolore, emozioni e pensieri. In una parola, vita. Vita che viene negata da quella grottesca abitudine, cruenta e inaccettabile, che chiamiamo “mangiar carne”. Mangiare carne, però, non vuole dire solo nutrirsi di ciò che un tempo era vivo.

Perché oltre al momento della macellazione, in cui i corpi vengono colpiti, le zampe spezzate, le voci rotte e gli occhi chiusi, l’allevamento è solo il culmine di un processo di creazione di esseri viventi a cui viene tolta la dimensione della “vita”, a cui viene negata la possibilità di esprimersi e gioire. Ognuno di loro, allevato per fini alimentari viene subito privato dei suoi affetti, sia che si tratti di una mamma che di un cucciolo a lei strappato. Ogni animale è cresciuto in condizioni contrarie ad ogni loro bisogno etologico, spesso in terribili condizioni igieniche. Non può avere legami sociali, non può relazionarsi con i suoi simili. In breve, gli viene negato tutto.

Non sempre è facile, comodo o conveniente pensare a questo. A delle vite che vivono una non-vita, un incubo di così perversa natura…è più facile credere alla retorica del benessere animale negli allevamenti (che non sia realtà, poco importa). Ci sono momenti dove però la realtà appare in tutta la sua crudezza: il festival di Yulin, di fatto, è uno di questi. Quasi in uno specchio che ci restituisce la nostra immagine deformata, questo festival cinese dove viene consumata della carne di cane, ogni anno accende le polemiche. Per chi condivide la vita con un cane, vedere quelle immagini è semplicemente troppo.  E proprio la reazione contraria dell’opinione pubblica mondiale su questo controverso festival è più che appropriata. Inutile dire quanto sia giusto battersi contro una manifestazione di questo tipo.


Manifestazione di sensibilizzazione sul festival di Yulin organizzata dall’OIPA a Milano nel 2016 

Fortunatamente grazie alle pressioni internazionali, alle mobilitazioni unite al lavoro di protesta e sensibilizzazione portato avanti dalle associazioni di protezione animali cinesi, hanno portato ad una notevole diminuzione del numero di cani uccisi negli ultimi anni. Questo festival, inoltre, ha permesso di venire a conoscenze che, lungi dall’essere un’eccezione, l’uso alimentare di cani e gatti è una tradizione diffusa in molti Paesi (come le due Coree, le Filippine, la Thailandia e il Vietnam).

Anche quest’ultima informazione suscita non poca indignazione: ciò che per noi sono animali amati, coccolati e viziati, dall’altra parte del mondo sono cibo. Una cosa inaccettabile. Se però non riuscite a pensare che proprio ad un cane, come quello con cui andate a passeggio ogni mattina, venga inflitta non solo una morte, ma una vita di tale crudeltà, fate un passo in più. Guardate dall’altra parte del mondo, e poi guardate qui. Ciò che viene negato ad ogni cane di Yulin è negato ad ogni vita che finisce poi, irrimediabilmente, sui piatti anche qui in Italia. Non smettiamo di ricordare che quello che accade in questi giorni ai cani a Yulin, accade ogni giorno in Italia nei macelli a maiali, vitelli, mucche, conigli. L’empatia e il rispetto devono andare oltre i confini di specie: questo è il messaggio principale che vogliamo veicolare.