“Quella volta piantammo il circo su una spiaggia delle Puglie e a Jennie vennero legate, come di consueto, una zampa anteriore ed una posteriore ai picchetti conficcati in terra. Ma appena Jennie vide il mare si ricordò, forse, la sua terra d’origine e sembrò impazzire di gioia: cominciò a barrire, strappò i picchetti come fossero fuscellini e, trascinando tutto con sé, andò sulla riva ed entrò nel mare. Si fermò dove l’acqua era alta poco più di un metro e non ci fu verso di farla uscire. Provammo a prenderla per fame e per sete: niente. Per due giorni rimase sprofondata in un mondo beato: giocava, si spruzzava, barriva; forse cantava la sua terra lontana. Per due giorni non mangiò e non bevve, sebbene per gli elefanti il bere sia molto importante. Esattamente quarantotto ore dopo, verso le tre del pomeriggio, Jennie uscì spontaneamente dal mare e, calma, andò a rimettersi al suo posto”.
Il racconto di Liana Orfei sul comportamento di Jennie, un’elefantessa del suo circo, è rappresentativo di quanto possa essere elevato il grado di sofferenza degli animali selvatici costretti a esibirsi contro la loro volontà nei circhi. Strappati dal loro habitat e dai propri simili, rinchiusi in gabbie di pochi metri quadrati, percorrono migliaia di km rinchiusi in camion, esposti a temperature atmosferiche non adatte alla loro natura, dipendenti in tutto e per tutto dai loro aguzzini. Alla sofferenza di una vita in gabbia e allo stress causato dai lunghi viaggi, si aggiungono le violenze e le privazioni subite durante l’addestramento.
Se, infatti, molti sono gli animali solo esibiti, come ippopotami, pinguini, zebre, dromedari, rettili, i felini e gli elefanti sono invece costretti a dare spettacolo con performances assurde, che mai eseguirebbero in natura; ma come può accadere che animali intelligenti, maestosi e fieri, come tigri, leoni ed elefanti, siano piegati alla volontà dell’uomo?
Il segreto è la doma, che spezza l’animale fin nelle pieghe più intime della sua dignità. Condotta in centri blindatissimi (come quello di Mary Chipperfield, marchio noto nel mondo circense per reperire e addestrare felini ed elefanti da vendere ai vari circhi in Europa), la doma è la fase iniziale dell’addestramento, durante la quale cuccioli di leone, tigri ed elefanti, sono sottoposti a sistematiche violenze fisiche e psicologiche con lo scopo di piegarne la volontà, insinuando in loro la paura di alcuni oggetti specifici come la frusta per i felini o il bastone uncinato per gli elefanti. Il gioco del domatore, fatto di minacce, privazioni e percosse, va insegnato fin dalla tenera età, quando gli animali sono facilmente plasmabili. Una volta compiuto questo passo, fondamentale per far capire chi comanda, l’animale è pronto per l’allenamento sotto il tendone.
Il suo comportamento è oramai modificato, la sua natura talmente mortificata, da condurlo spesso a preferire la prigionia anche di fronte alla libertà, come accaduto all’elefantessa Jennie e come avviene per molti animali nati in cattività.
I “freaks” del XXI secolo
“Sono i nostri partner, i nostri amici e sono parte integrante della nostra famiglia” (Moira Orfei).
Contro ogni evidenza, i circensi si ostinano a dichiarare di trattare gli animali come dei figli, ben nutriti, curati e protetti, omettendo, nell’insensatezza del loro ragionamento, un dettaglio per nulla trascurabile: la libertà, di cui ogni essere vivente ha bisogno per vivere appieno la propria vita. Pretendono di essere anche i garanti della conservazione di molte specie animali: rinchiusi nei loro serragli, infatti, gli animali selvatici sarebbero più protetti che nei paesi d’origine, dove muoiono cacciati dai bracconieri.
Se così fosse, perché allora i circensi, nell’ultimo tentativo di scongiurare la propria fine, fanno appello addirittura ai vip, agli intellettuali e agli uomini di Chiesa per giustificare lo sfruttamento degli animali? (dal http://www.circo.it/)
“Il circo è un luogo di civiltà, bellezza, cultura, educazione, armonia tra uomo e animale. Nei circhi agli animali viene “suggerita” una possibilità che è connaturata alla loro costituzione fisica, come i cavalli che saltano l’ostacolo ma non sono obbligati a farlo. Il circo è sogno e mette in scena la rappresentazione della bellezza dell’animale che in natura non potremmo vedere se non a rischio di essere sbranati”. Vittorio Sgarbi
“Credo non ci siano persone che abbiano più rispetto per gli animali di quelle del circo, che con gli animali ci lavorano e dunque è loro cura, non fosse altro che per una forma di cinismo, tenerli al meglio perché costituiscono la loro risorsa, la loro fonte di sostentamento”. Platinette
“I circhi contribuiscono a creare lo stupore nei bambini ai quali fanno scoprire la bellezza di specie animali che altrimenti sarebbe solo alla portata dei più ricchi di loro”. Nicolas Sarkozy
E visto che si tratta del sito dove si pubblicizzano le principali famiglie circensi italiane, non poteva mancare la benedizione della Chiesa, che riconoscendo una funzione sociale e pedagogica al circo, avalla l’inconcepibile ruolo che gli riconosce la legge nazionale italiana “La famiglia, la solidarietà, la gioia che danno a un bambino, lei guardi la faccia dei bambini davanti ai circhi, con quegli occhioni che guardano, e quello che fa bene ai bambini è buono” Cardinale Vegliò.
E pensare che un tempo erano proprio i più piccini che, insieme agli animali, venivano sfruttati da girovaghi e saltimbanchi per impietosire le persone. Un fenomeno che nasce proprio in Italia nel ‘700, nel Ducato di Parma, con gli Orsanti, addestratori di orsi, scimmie e cammelli, che esibivano anche bambini comprati dalle loro famiglie e costretti all’accattonaggio. I “Senza famiglia” rappresentati in tanti film e cartoni animati erano proprio loro, noti anche come i “Savoyens” o “Lazzaroni”. Accomunati dallo stesso destino, i bambini servivano a impietosire, mentre gli animali ammaestrati a provocare il riso per la loro goffaggine. Ad occupare il posto vacante lasciato dai “freaks”, i fenomeni da baraccone, esposti anch’essi a partire dall’800 nelle mostre ambulanti per loro handicap fisici, sono rimasti solo loro, gli animali selvatici. Il fine è sempre lo stesso: attrazione e fascinazione del pubblico tramite la dominanza del più forte sul più debole.
Tradizioni violente: i paesi che hanno detto NO
I tempi della legge sono sempre più lenti rispetto ai cambiamenti della società tant’è che, il più delle volte, è la pressione dell’opinione pubblica a determinare delle svolte legislative. Sono sempre di più, infatti, i paesi che, stimolati dalle associazioni a tutela degli animali e della crescente sensibilità dei cittadini, si stanno orientando verso il divieto totale o parziale degli animali nei circhi.
Come gli Stati Uniti, ad esempio, dove di recente il repubblicano Jim Moran ha presentato un disegno di legge in collaborazione con Animal Defenders International (ADI) per chiedere il divieto di animali nei circhi itineranti. Lo scorso dicembre anche il Messico ha approvato una legge che vieta in tutto il paese l’uso di animali nei circhi, la cui prigionia, secondo i legislatori, non è rispettosa delle loro necessità fondamentali, favorisce le malattie, non ha nessun impatto educativo sugli spettatori e non ha finalità conservative della fauna. “Gli animali sono sottoposti a maltrattamenti brutali, e non vogliamo assecondare questo tipo di comportamento” così si espresso in un video Alfaro Arzú, sindaco di Città del Guatemala, annunciando il divieto d’impiego degli animali nei circhi.
A chiudere le porte a quello che giustamente è stato definito “il più brutto spettacolo del mondo”, anche diversi governi europei, come quello britannico, che ha votato all’unanimità per vietare l’utilizzo degli animali selvatici nei circhi. Una decisione scaturita a seguito di una forte campagna di pressione condotta dal giornale The Independent e da diverse associazioni inglesi, tra cui l’ADI che, dopo aver condotto un’investigazione sulle violenze fisiche e psicologiche subite dagli animali nei circhi inglesi, nel 2011 diffuse dei filmati agghiaccianti, tra cui quello tristemente noto di Anne, un’elefantessa brutalmente picchiata con un forcone e presa a calci sul corpo e sul muso da suoi custodi, sorpresi a maltrattare anche altri animali. Anche la Grecia, a seguito dei maltrattamenti inferti all’elefantessa Andra da un domatore del circo Alex Hamar, ripreso mentre bastonava con violenza l’animale, ha proibito l’esibizione dei circhi con animali. Nonostante le denunce, il circo Alex Hamar (noto anche come Circo Massimo) continua con le sue tournée, sovvenzionate con finanziamenti pubblici dallo Stato italiano (ben 125.000 euro solo dal 2008 al 2010).
L’Italia: un caso unico al mondo
Secondo il rapporto Eurispes 2015 il 68,3% degli italiani è contrario all’uso degli animali nei circhi, eppure lo Stato italiano continua a sovvenzionarli, stanziando con il Fondo Unico dello Spettacolo (FUS) più di 6 milioni di euro l’anno per gli spettacoli itineranti con animali al seguito, che incassano il 55% dei contributi del comparto. Altre sovvenzioni arrivano anche dalla televisione, con gli spettacoli trasmessi dal terzo canale della rete pubblica durante la stagione estiva. E, come se non bastasse, l’Ente Nazionale Circhi, fondato nel 1948 e da sempre rappresentato dai principali esponenti delle famiglie circensi italiane (Togni, Orfei, Palmiri), gestisce anche l’Accademia del Circo, una scuola a pagamento.
E’ stato proprio l’Ente Nazionale Circhi a ottenere l’aberrante legge 337 del 18 marzo 1968, tuttora in vigore in Italia, nella quale lo Stato, definisce i circhi con animali ”patrimonio culturale”, riconoscendone la “funzione sociale”. Con l’istituzione, nel 1985, del Fondo Unico per lo Spettacolo, si legalizza anche il finanziamento degli spettacoli viaggianti, con sovvenzioni che non solo sostengono circhi con animali per le tournée in Italia all’estero, ma anche per l’acquisto di attrezzature, iniziative promozionali e educative.
A fronte di tutte queste concessioni, l’ENC lamenta sempre mancanza di fondi, polemizzando anche contro i circhi che accedono al FUS pur non avendo animali. Un vero e proprio paradosso, tutto italiano: mentre le scuole cadono a pezzi e il settore dell’istruzione pubblica non è mai abbastanza valorizzato, fondi pubblici sono impiegati per sostenere spettacoli che di educativo non hanno nulla, se non trasmettere, come ampiamente dimostrato dagli studi di numerosi psicologici, la “normalità” del dominio del più forte sul più debole. Vedere gli adulti reagire con la gioia e il divertimento al disagio degli animali, rende i bambini incapaci di riconoscere i segnali di malessere e sofferenza che mostrano durante lo spettacolo, ostacolando così di lo sviluppo dell’empatia, sentimento alla base dell’identificazione con gli altri e fondamentale per il rispetto del diverso. E i fondi continuano a essere erogati, nonostante le denunce di maltrattamento e il mancato rispetto dei numerosi parametri cui dovrebbero attenersi i circhi, tra cui quelli previsti dalla normativa CITES in materia di tutela degli animali esotici, quasi sempre disattesi, come riscontrato dai numerosi controlli delle guardie eco zoofile OIPA durante l’attendamento dei circhi italiani presso alcuni comuni, che purtroppo ben poco possono fare in presenza di una legislazione nazionale che consente e tutela l’esibizione di circhi con animali. Le ordinanze comunali che vietano in toto il loro attendamento sono infatti facilmente annullabili tramite il ricorso al TAR da parte dei circhi.
L’alternativa rimane quella seguita da alcuni comuni virtuosi, come ad esempio Alessandria o Modena, che hanno promosso dei provvedimenti che pongono vincoli molto restrittivi sulla base delle norme CITES, vincoli che per il circo sono impossibili da rispettare perché gli animali nella maggioranza dei casi sono tenuti in condizioni ancora peggiori da quelle previste dalla normativa, aspetto che si traduce nella rinuncia da parte del circo all’attendamento per mancanza dei requisiti richiesti.
Contro l’assurdità della legge italiana e in collaborazione con le principali associazioni animaliste, l’OIPA ha depositato in Parlamento una proposta di legge per chiedere il divieto d’impiego di animali negli spettacoli circensi, una proposta che, a tutt’oggi, non è ancora stata presa in considerazione.
Eppure qualcosa inizia a cambiare.
“Brivido, animali, sensazioni”: EXPO 2015 chiude le porte al circo “tradizionale” italiano
26 Gennaio 2015 – “Non mi aspettavo che il più grande evento culturale e promozionale del nostro paese venisse inaugurato e rappresentato da una compagnia canadese, seppur prestigiosa quale il “Cirque du Soleil”. A scrivere una lettera aperta al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e al Ministro dei Beni e delle Attività Culturali, è di nuovo lei, Liana Orfei, che indignata per la decisione di EXPO di affidarsi al Cirque du Soleil per la programmazione di 4 mesi delle serate dell’esposizione internazionale, non riesce ad accettare la sconfitta. Se i “Togni, gli Orfei, i Casartelli sono conosciuti in tutto il mondo, non è chiaro perché non si sia cercato prima di valorizzare le eccellenze italiane”. La risposta è lei stessa a darla: “Ci aspettavamo un salto di qualità con una produzione ad hoc che siamo capaci di fare e saremmo ancora in tempo per offrire al mondo che verrà a trovarci la nostra concezione di Circo Contemporaneo e tradizionale, anche usando una forzatura senza l’uso di animali”.
Una sconfitta intollerabile per chi ha sempre sfruttato gli animali sotto il nome della tradizione e del prestigio, una sconfitta con cui i circensi italiani dovranno, loro malgrado, fare i conti.
E, ancora una volta, che questa esclusione sia il primo segno di un grande cambiamento culturale, sono gli stessi circensi a doverlo ammettere, così come rivela Stefano Orfei Nones, figlio di Moira Orfei e Walter Nones, domatore di elefanti africani, indiani, tigri e cavalli, che in una recente intervista afferma dapprima che “il circo tradizionale è destinato a durare in eterno”, per poi contraddirsi subito dopo, dicendo che non crede possa esserlo, “non tanto a causa della caciara degli animalisti, quanto perché in questo ambito non c’è ricambio generazionale. Passata la stagione di Flavio Togni, Stefano Orfei Nones e Braian Casartelli, al momento non vedo un futuro”.
E il futuro, infatti, sta già andando in questa direzione: EXPO 2015 sceglie il Cirque du Soleil perché il mondo non vuole più schiavi al circo, ma solo artisti professionisti.