articolo di Isabella Dalla Vecchia 

Chi ha inventato il presepe? Certo l’ambientazione della nascita di Gesù deriva dalla Bibbia, ma c’è un santo che avrebbe ideato proprio la riproduzione del presepe, idea non così scontata, soprattutto quasi mille anni fa. Correva l’anno 1223, un periodo in cui già esistevano i pellegrinaggi in Terrasanta, traversate molto pericolose dalle quali non era scontato tornare a casa. Per aiutare i meno coraggiosi, o più semplicemente chi non aveva la possibilità d’intraprendere simili viaggi, in alcune chiese veniva ricostruita la copia del sepolcro di Gerusalemme o, come in questo caso, la capanna della nascita del Bambino Gesù. Non deve sorprenderci se in Piemonte per esempio, Chivasso vanti la frazione di Betlemme, borgo in cui vi era una grotta della Natività, meta di pellegrini e malati che volevano emulare e rievocare, con doni e devozioni, quel sacro giorno di due millenni fa.

Il presepe

Sappiamo tutti i personaggi che vanno collocati in un presepe, anzi, noi amanti degli animali inseriamo per primi e con cura il bue e l’asinello. Eppure nei quattro Vangeli canonici non si fa menzione di questi due animali. Persino la stalla è poco presente, in quanto di mangiatoia parla solo il Vangelo di Luca, mentre in quello di Matteo Gesù nasce in una casa. I Vangeli di Giovanni e di Marco non ne fanno alcuna menzione. Nessuno parla del bue e dell’asinello… Da dove arrivano dunque?

Bue e asinello nel presepe: qual è la loro origine?

Quanto all’origine dell’asinello come personaggio del presepe la spiegazione è semplice: Maria era incinta, non poteva camminare a lungo e quindi viaggiava sul dorso dell’asino, come descritto nel Vangelo apocrifo dello pseudo-Matteo. È dunque logico pensare che stesse accanto a Giuseppe e Maria. Nello stesso Vangelo, inoltre, si parla di una stalla dove Maria, tre giorni dopo la nascita, depose Gesù, di fronte al quale il bue e l’asinello lo adorano. Ma c’è un altro testo molto particolare e realistico: il protovangelo di Giacomo. In esso si racconta di un Giuseppe molto agitato alla disperata ricerca di un’ostetrica, come lo sarebbe qualsiasi neo-papà. Viene narrato che al momento della nascita di Cristo il tempo sembra fermarsi, e Giuseppe nota un pastore che, nell’atto di percuotere delle pecore, si blocca. Un’azione crudele su un animale che viene fermata è il miglior biglietto da visita del Redentore che è appena giunto nel nostro mondo. Sempre in questo stesso Vangelo, Maria deciderà di nascondere il bambino in una mangiatoia di buoi, per proteggerlo dalla furia omicida di Erode che compirà la “strage degli innocenti”.

Gli animali come simboli

Occorre leggere gli animali anche dal punto di vista simbolico. L’asino che per secoli è stato considerato erroneamente simbolo della “stupidità”, è in realtà un animale eccezionale, umile e tranquillo, e appare spesso nella Bibbia, tanto che Gesù lo cavalca per entrare a Gerusalemme come un re. Simbolo di umiltà e di trasformazione, la sua presenza era importante nella stalla per indicare Gesù come il Sovrano delle anime povere. Il bue rappresenta invece le antiche religioni pagane nelle quali arieti, tori e buoi erano considerati divini, indicando così il passaggio dal Paganesimo al nuovo Cristianesimo.

E la renna?

Le renne non hanno la capacità di volare, comprese quelle di Babbo Natale. Sono animali speciali che apparvero per la prima volta nel 1821 in un poema per bambini scritto e illustrato da un autore anonimo, e successivamente nel racconto natalizio del 1823 pubblicato dalla rivista Troy Sentinel dal titolo A Visit from St. Nicholas. Ma perché le renne volano nella tradizione natalizia di Babbo Natale?

Le “renne volanti” richiamano antichi miti nordici, dei territori in cui abiterebbe Babbo Natale. Nel nord Europa è notevole la presenza di animali volanti, si pensi ai lupi sacri di Odino e al carro di Freja trainato da gatti che corrono sulle nuvole. Si credeva che gli spiriti degli sciamani potessero cavalcare una renna o prenderne le sembianze per viaggiare velocemente e coprire molte distanze in pochissimo tempo. Erano animali venerati dalle popolazioni paleosiberiane che si rivolgevano a un vero e proprio Signore delle Renne, che custodiva le regole della natura ed erano sacri alla Grande Madre scandinava, Isa o Disa. Il Signore delle Renne non è un personaggio così poco conosciuto, è anzi simile al Signore degli Animali o Cernunnos (Uomo con corna di cervo), divinità preistorica che governava la natura e i suoi cicli vitali, diffuso proprio anche in Italia.

Nella stalla anche un micio?
Una leggenda di Natale racconta che nella stalla fosse presente anche una gatta tigrata della specie europea e che la stessa notte della Natività avrebbe dato alla luce dei bellissimi gattini. Maria, intenerita dall’evento, avrebbe accarezzato la micia, lasciando una M sulla fronte, proprio come quella che hanno tutti i felini di questa specie. Un segno che salvò il gatto europeo, risparmiato dagli inquisitori che lo reputavano sacro. In realtà si dice che Maria lo avesse segnato in casa sua, poiché cresciuta proprio con un gatto. Se si osservano quadri e affreschi che raffigurano la sua nascita o dell’annunciazione, si vedrà a volte la presenza di un gatto. Questo perché il gatto rappresenta, fin dall’antichità, un simbolo di forza e fertilità, requisiti essenziali per la mamma più importante del mondo.