4 macachi, forse 6. Nati per essere cavie, verranno immobilizzati, resi ciechi tramite un intervento chirurgico, sottoposti a test ed esperimenti per cinque anni e poi, quando non serviranno più, “eutanasizzati”, ovvero uccisi. La ricerca ha avuto il via dall’Università di Torino, dipartimento di Psicologia, in collaborazione con l’ateneo di Parma (dove si trovano fisicamente gli stabulari dei macachi) ed è stata finanziata con 2 milioni di euro. L’obiettivo? Ricreare un “modello animale” per lo studio delle persone che hanno perso la vista a causa di un danno cerebrale e non per problemi legati all’occhio.
“Il cervello non ha recettori del dolore” si giustificano i ricercatori, ma al tempo stesso si cautelano “siccome il progetto prevede una lesione unilaterale della corteccia visiva primaria, si ritiene cautelativamente opportuno stimare il livello di sofferenza atteso come grave”.
Ma cosa ne pensano gli italiani? Secondo il rapporto Eurispes 2018 l’80% vorrebbe che la vivisezione – perché di questo si tratta – venisse definitivamente superata e anche il mondo scientifico è sempre più orientato in tal senso. Non si tratta quindi solo di una battaglia delle associazioni animaliste, ma sono ormai moltissimi i medici e i ricercatori che chiedono maggiori finanziamenti per i metodi scientifici che escludono completamente lo sfruttamento degli animali, in virtù del fatto che nessun modello animale può sostituire con efficacia incontrovertibile il modello umano.
“Crediamo che non sia necessario portare grandi argomentazioni per dimostrare quanto questo esperimento sia eticamente deprecabile – sottolinea Massimo Comparotto, Presidente OIPA Italia Onlus – Ma se l’aspetto etico non è sufficiente, non si può chiudere gli occhi di fronte all’inutilità scientifica attestata anche dalla LIMAV (Lega Internazionale Medici per l’Abolizione della Vivisezione)”.
“Sono ormai trascorsi cinquant’anni da quando la sperimentazione sugli animali è stata giudicata non attendibile per la innegabile diversità genetica fra uomo ed altri animali – evidenzia il professor Bruno Fedi, medico chirurgo specializzato in Urologia, Anatomia Patologica, Ostetricia e Oncologia, già docente in Urologia e primario in Anatomia Patologica, presidente onorario LIMAV Italia – La ricerca scientifica è orientata in tutt’altra direzione. Di recente, infatti, ricercatori di grande livello, come Thomas Hartung e Arti Ahluwalia, hanno ottenuto da culture cellulari umane dei “mini-cervelli” ed altri organi sui quali la sperimentazione si è rivelata attendibile, perché in Italia siamo ancora fermi alla tortura dei macachi? È inoltre da denunciare il fatto che tali esperimenti vengono condotti in segretezza per evitare critiche dalla comunità scientifica più evoluta, di conseguenze ogni abuso diventa lecito. Questo aspetto antidemocratico della ricerca scientifica è intollerabile dall’ intera società civile”
Per chiedere a gran voce che questa sperimentazione dal sapore medievale venga fermata, l’OIPA ha organizzato una mobilitazione continua di fronte all’Università degli studi di Parma e lancia un mail bombing di protesta indirizzato direttamente a chi ha autorizzato e chi gestirà la tortura di questi macachi.
Indirizzi mail a cui sarà inviata:
Ministero della Salute, On. Roberto Speranza: segreteriaministro@sanita.it
Ugo Santucci, direttore dell’ufficio Tutela del benessere animale, igiene zootecnica e igiene urbana veterinaria del Ministero della Salute:
u.santucci@sanita.it
Giovanni Botta, protezione degli animali nella sperimentazione dell’ufficio sei del Ministero della Salute: g.botta@sanita.it
Marco Tamietto, Professore ordinario, dipartimento di Psicologia, università di Torino: marco.tamietto@unito.it
Gianmaria Ajani, rettore Università di Torino: rettore@unito.it
Alberto Piazza, presidente del comitato bioetica dell’università di Torino: alberto.piazza@unito.it
Stefania Conti, direttrice dipartimento di medicina e chirurgia: stefania.conti@unipr.it
Bonini Luca, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, università di Parma: luca.bonini@unipr.it
Dipartimenti di psicologia dell’università di Parma direzione.psicologia@unito.it
Paolo Andrei, Rettore dell’università di Parma: paolo.andrei@unipr.it