Le infezioni dovute al coronavirus sono già state riscontrate in più di mezza dozzina di stati, tra cui la Tailandia, il Giappone, l’Australia, la Francia, il Canada e gli USA, causando oltre 80 morti e la messa in quarantena di 13 città cinesi.

Il 70% dei patogeni umani viene trasmesso dagli animali e gli scienziati hanno confermato che anche il coronavirus si sarebbe trasferito dall’animale all’uomo. Si pensa che la sorgente dell’infezione sia il reparto animali selvatici del Mercato del pesce di Huanan, nella città di Wuhan in Cina, famoso per esporre e vendere animali vivi e macellarli sul momento. Cuccioli di lupo, scorpioni, scoiattoli, ricci, tartarughe, coccodrilli, scimmie, gatti, cani e altri animali selvatici sono infatti venduti vivi per il consumo umano. Questi mercati sono comuni in Cina, Vietnam e altre aree del sud-est asiatico e sono chiamati “wet market” (“mercati bagnati”) in riferimento alle grandi quantità di acqua che vengono usate per sciacquare i pavimenti. Esistono poche norme sanitarie ed i livelli di igiene sono estremamente scarsi: animali selvatici e domestici, così come la loro urina, le loro feci e altri umori, vengono in contatto con i commessi e con i clienti mentre vengono macellati per terra, il loro sangue schizza ovunque e le mosche banchettano sulle carcasse. Questo è il luogo ideale perché si verifichino contaminazioni e la diffusione di batteri e virus. Sembra che anche l’influenza aviaria e la SARS (sindrome respiratoria acuta grave) abbiano avuto origine nei “mercati bagnati” a causa dell’esposizione di animali vivi.

Il consumo di carne di animali selvatici è comune in Cina ed è considerato lusso, soprattutto tra le generazioni più anziane. Inoltre molti animali selvatici ed esotici e le loro parti sono ancora utilizzate nella medicina tradizionale per curare disturbi o come afrodisiaci. Questo fa parte della cultura cinese, tuttavia sembra che i consumatori non siano consapevoli del rischio per salute personale e pubblica, specialmente quando è impossibile conoscere la provenienza di questi animali e, quindi, assicurarsi che siano privi di malattie.

Successivamente all’epidemia di SARS del 2003, che ha ucciso oltre 750 persone, la Cina ha temporaneamente vietato il commercio di animali selvatici nei mercati. Gli esperti ritengono che il governo cinese avrebbe allora dovuto capire che i patogeni possono facilmente trasmettersi dagli animali agli umani nei mercati in cui animali selvatici, da reddito e domestici sono ammassati in condizioni igieniche inesistenti. Il divieto è stato comunque ritirato. Con il propagarsi del coronavirus, la Cina ha di nuovo vietato il trasporto ed il commercio di animali selvatici, proibendone la vendita nei mercati, supermercati, ristoranti e piattaforme online. Come accaduto in passato, tuttavia, è facile pensare che il divieto sarà vigente solo finché il virus non verrà debellato nel Paese.

È un circolo vizioso: il divieto permanente del commercio di animali selvatici, in Cina così come in altri stati, è necessario per ridurre il rischio che possano emergere nuovi virus persino più pericolosi di quelli visti in passato.

Attualmente in Cina sono poche le leggi che proteggono gli animali dall’abuso e dal maltrattamento, nonostante la consapevolezza in merito al loro benessere stia crescendo almeno in alcuni contesti, come nella ricerca e negli zoo. Gli allevamenti intensivi sono notevolmente aumentati negli ultimi anni, tanto che oggi la Cina è uno dei maggiori produttori di alimenti di origine animale, anche se non esistono requisiti di abbattimento che minimizzino la sofferenza. La metà della popolazione mondiale di maiali e oltre il 60% del pesce allevato proviene da questo Paese. Circa 10 mila orsi della luna sono tenuti in minuscole gabbie per la produzione di bile, mentre altri animali, incluse specie a rischio di estinzione, sono sfruttati per utilizzarne le parti nella medicina tradizionale. La Cina è anche la prima nazione per produzione di pellicce, un’industria che comporta scioccanti metodi di allevamento e scuoiatura.

La crudeltà sugli animali non è un reato punibile in Cina e, inoltre, minaccia la salute delle persone e l’equilibrio degli ecosistemi. Nonostante gli organi politici non sembrino interessati a proteggere gli animali, la speranza è che il crescente numero di attivisti, soprattutto tra i giovani, unito all’aumento di consapevolezza in merito a rischi per la salute, sviluppi un maggiore riguardo per il benessere degli animali nel prossimo futuro.

 

Fonti:
Foto: China: a peek inside live animal markets – The Guardian
The West Blames the Wuhan Coronavirus on China’s
Love of Eating Wild Animals. The Truth Is More Complex
– Time
China bans wild animal trade until coronavirus epidemic is eliminated – The Washington Post
Calls for global ban on wild animal markets amid coronavirus outbreak – The Guardian
Animal Protection Index Indicators – People’s Republic of China – World Animal Protection
Animal Rights In China – Forbes