[cs_video column_size=”1/1″ video_url=”https://www.youtube.com/watch?v=1X9DAdLYBGY&feature=youtu.be” video_width=”500″ video_height=”250″][/cs_video]

La Decisione della Commissione 2003\803\CE del 26 novembre 2003, entrata in vigore dal 1 ottobre 2004, stabilisce che i gatti, così come i cani ed i furetti, per poter essere portati all’estero, devono essere muniti di passaporto e identificati tramite un microchip.  Questo significa che se vogliamo partire per una vacanza o trasferirci in un paese dell’UE con il nostro gatto, questo dovrà essere microchippato. Lo stesso vale nel caso in cui decidiamo di adottare un gatto proveniente dall’estero.

In Italia, nonostante l’Anagrafe Nazionale Felina esista da qualche anno, non è obbligatorio microchippare il proprio gatto. Tuttavia è vivamente consigliato farlo, in quanto il microchip rappresenta la sua carta d’identità e permette un maggior controllo della popolazione felina, contrastando l’abbandono e agevolando il ricongiungimento di un gatto smarrito con il suo proprietario. Inoltre, è utile in caso di contestazioni, purtroppo non rare, riguardo il relativo possesso.

La Regione Lombardia ha fatto un passo in più per tutelare i gatti. Con il Piano Regionale Integrato della Sanità Pubblica Veterinaria 2019-2023 ha infatti reso obbligatorio il microchip per tutti i gatti nati o acquisiti a partire dal 1° gennaio 2020. Sussistono sanzioni nel caso di trasgressione. La normativa non ha però valore retroattivo, quindi chi ha adottato un gatto prima di tale data può decidere se microchipparlo o meno.

La microchippatura dei cani è, invece, obbligatoria in tutta Italia. Proprio per i suoi vantaggi in termini di identificazione e tracciabilità, l’OIPA invita tutti a microchippare anche il proprio gatto e, inoltre, consiglia di dotarlo di un collarino elastico, che si possa agevolmente staccare per evitare che si impigli da qualche parte, in modo tale da renderlo riconoscibile e distinguerlo da un randagio o da un appartenente ad una colonia felina.